Imparare la chirurgia della cataratta oggi

chirurgia della cataratta
Immagine: www.flickr.com Author: zako zako Face-up Commission

La chirurgia della cataratta è uno dei più comuni e delicati interventi di chirurgia oculare e riguarda ogni anno, nel mondo, circa 25 milioni di persone; la tecnica maggiormente utilizzata per questo intervento è la facoemulsificazione che negli ultimi anni si avvale anche dell’aiuto del femtolaser.
La chirurgia della cataratta richiede estrema precisione e buona coordinazione oculo-manuale; ogni step condiziona quello successivo, le problematiche sono complesse per il chirurgo in formazione, in quanto un errore lieve può portare ad una cascata di complicanze che possono condurre a riduzione visiva importante per il paziente.
Il chirurgo che si avvicina a questa tecnica necessita di una formazione strutturata che comprenda inizialmente una buona conoscenza della parte teorica per poi passare ai wet lab, ai nuovi simulatori chirurgici ed infine alla esperienza in sala operatoria.

Iter di apprendimento

1La teoria è alla base di una buona pratica operatoria; è necessario approfondire l’anatomia dell’occhio, le diverse tecniche chirurgiche, il funzionamento delle strumentazioni di sala operatoria, i materiali utilizzati durante l’intervento come i viscoelastici e i diversi tipi di IOL, conoscere tutte le possibili complicanze ed il modo più appropriato per affrontarle. Per questo è importante anche la conoscenza delle tecniche del passato come l’estrazione extracapsulare nel caso per esempio in cui si renda necessario convertire una faco che si complica.

Questo si può fare attraverso lo studio di testi, la partecipazione a convegni e a corsi teorico-pratici, l’osservazione in sala operatoria di interventi eseguiti da chirurghi esperti, la visione di video che permettono di reiterare la visione dei passaggi più delicati.

2Numerosi studi riportano un aumento delle performance chirurgiche dei chirurghi in training dopo la pratica con wet lab e simulatori chirurgici: è stata valutata una riduzione della curva di apprendimento e dei tempi chirurgici mentre le complicanze diventano più rare.

Nel wet lab si fa esperienza delle diverse fasi dell’intervento di cataratta su occhi di animali che hanno caratteristiche anatomiche e di comportamento tissutale simili all’occhio umano (generalmente l’occhio di maiale oppure di coniglio), oppure su materiali sintetici. Si utilizza un microscopio da tavolo, l’occhio di maiale viene fissato su un porta bulbi; per aumentare il riflesso rosso del fondo si può iniettare nel vitreo un colorante.

Gli obiettivi sono di acquisire praticità col microscopio anche se quello da tavolo ha caratteristiche diverse rispetto a quello utilizzato in sala operatoria, fare esperienza di tutte le fasi della facoemulsificazione, eseguire una capsuloressi curvilinea di dimensioni appropriate, far pratica con la strumentazione chirurgica, le IOL, i viscoelastici, capire i principi generali dei facoemulsificatori.

Il cristallino degli occhi di maiale, però, non ha cataratta e questo costituisce un problema per esercitarsi con la facoemulsificazione: si è visto però che mettendo l’occhio di maiale in forno a microonde per alcuni minuti o praticando un’iniezione in camera anteriore di formalina compare un’opacità media nella lente.

3I nuovi simulatori chirurgici di realtà virtuale consentono di fare pratica per un tempo prolungato e forniscono un feedback diretto della performance microchirurgica.

Il problema principale è che sono molto costosi e quindi poco diffusi. La realtà virtuale è una realtà simulata, un ambiente tridimensionale con cui è possibile interagire usando dispositivi informatici che proiettano chi li usa in uno scenario così realistico da sembrare vero e viene utilizzata con vantaggi nella formazione chirurgica.

Recentemente, utilizzando la visione stereoscopica fornita da uno smartphone e cuffie che utilizzano la realtà virtuale, è stato eseguito per la prima volta e con successo un intervento simulato di cataratta (tele robotica); questa tecnica può essere utilizzata per l’insegnamento in quanto i chirurghi, con la connessione a internet, possono ricevere istruzioni in diretta.

4 Al termine di questo percorso il chirurgo in formazione passa alla pratica chirurgica vera e propria affiancato da un chirurgo esperto pronto ad insegnare, correggere e supportare ogni suo nuovo passo.

Il primo step è acquisire dimestichezza col microscopio operatorio: all’interno dell’occhio ci sono strutture distanziate tra loro di pochi millimetri che se non vengono messe a fuoco correttamente possono essere danneggiate.

Il microscopio che si usa in sala operatoria ha una complessità diversa rispetto a quello da tavolo utilizzato nei wet lab, il quale non è dotato della pedaliera per cambiare gli ingrandimenti e la profondità di fuoco, né dell’X-Y. Occorre imparare ad usarlo con capacità e disinvoltura, avere manualità con gli ingrandimenti, la profondità di campo, sapere come utilizzare la pedaliera.

La moderna tecnica di femto-facoemulsificazione facilita il chirurgo in formazione rispetto alla facoemulsificazione tradizionale per le incisioni che sono già preparate dal laser come forma, ampiezza e dimensione e vanno solo aperte, per la capsulotomia eseguita in modo perfetto dal laser e per la preframmentazione del cristallino che permette di utilizzare meno manipolazioni in camera anteriore e facilita l’opera del chirurgo in training.

È utile che il chirurgo esperto faccia iniziare il training dalle fasi dell’intervento più semplici, senza seguire la sequenza cronologica dell’iter operatorio.

Per esempio il chirurgo in formazione nella femto-faco potrebbe imparare prima il docking, poi ad aprire le incisioni, ad entrare in camera anteriore con la sostanza viscoelastica senza danneggiare la capsula anteriore, a impiantare una IOL precaricata, ad aspirare la sostanza viscoelastica, a fare la idrosutura per poi passare, una volta divenuto esperto in questi passaggi, all’idrodissezione, alle fasi di I-A ed infine di facoemulsificazione.

Per fare poi diventare routinaria un’attività che è nuova e poter così crescere nella chirurgia occorre che il chirurgo in formazione possa applicare tutto questo ad un numero elevato di pazienti.

Conclusioni

Oggi con le innovazioni tecnologiche che possono essere utilizzate per l’insegnamento e l’apprendimento della chirurgia (l’avvento di internet con proliferazione di convegni e corsi trasmessi per via satellitare con scambio di video ed esperienze tra i massimi chirurghi internazionali, i nuovi wet lab, il training su modelli virtuali) esiste un nuovo modo di insegnare/imparare la chirurgia della cataratta rispetto al passato quando l’unica possibilità era stare alle spalle di un chirurgo esperto ed apprendere la tecnica attraverso il microscopio operatorio.

La nuova cataratta in sintesi

La cataratta va operata quando disturba la vista, quando cioè impedisce alla persona che ne è affetta di svolgere normalmente le sue attività visive e generali quotidiane.
Con i risultati che la chirurgia attuale consente di ottenere, la cataratta può essere rimossa durante un qualunque stadio di evoluzione, non è più quindi necessario attendere la sua “maturazione”, anzi conviene operare precocemente; ciò semplifica l’intervento ma soprattutto evita al paziente di dover convivere per lungo tempo con i fastidi provocati dalla cataratta. Esistono parecchie tecniche per operare la cataratta in base al tipo di situazione clinica ed alle apparecchiature disponibili; la più adoperata, quella meno traumatica e che fornisce i migliori risultati operatori e visivi, è la facoemulsificazione ad ultrasuoni, soprattutto se utilizzata in associazione al femtolaser .
L’operazione si compone sostanzialmente di due parti:
• la rimozione della cataratta vera e propria;
• la sostituzione con un cristallino artificiale.
Rimozione mediante facoemulsificazione
Attraverso una incisione di 2,2 o 2,5 mm viene rimosso prima l’involucro anteriore, poi viene frammentata in piccolissimi pezzi la parte centrale della cataratta (il nucleo) ed infine viene aspirata la parte periferica molle. Attraverso la stessa incisione viene poi inserito un cristallino pieghevole (in tal caso non c’è quasi mai necessità di sutura); in alternativa l’apertura può essere ampliata a 6,0 mm e può essere inserito un cristallino rigido (in tal caso si rendono necessari due o più punti).
Sostituzione del cristallino
L’operazione di cataratta provvede alla rimozione della lente opaca preparando l’occhio alla fase successiva dell’atto chirurgico: l’inserimento del cristallino artificiale.
La preparazione consiste nel lasciare in sede l’involucro anteriore periferico e quello posteriore della cataratta (che sono trasparenti); essi formano una specie di “sacco” che serve appunto per accogliere il cristallino artificiale: questo viene quindi collocato esattamente nella stessa posizione di quello naturale.
Il cristallino artificiale è costituito da una speciale plastica che ha dato ampie garanzie di tolleranza per l’intero arco di vita del paziente.
Il cristallino artificiale standard non consente di fare tutto ciò che un cristallino umano sano è in grado di garantire; perciò sono quasi sempre necessari dopo l’intervento occhiali per aiutare l’occhio ad ottenere la miglior visione per vicino o per lontano.
Ma la tecnologia delle lenti intraoculari ha compiuto, in questi ultimi anni, notevoli progressi. Oggi, l’obiettivo non è più soltanto quello di far recuperare ai pazienti la visione per lontano con un cristallino standard monofocale, ma di migliorarne la capacità visiva riducendo al minimo la dipendenza dagli occhiali, inclusi quelli da lettura.
Sono infatti disponibili lenti intraoculari in grado di fornire visione a tutte le distanze: vicino, intermedio e lontano, minimizzando o eliminando così l’uso di occhiali; trattasi dei cristallini “multifocali”, in grado cioè di consentire una buona acuità visiva, sia per lontano che per vicino, eliminando o riducendo enormemente la necessità di utilizzare gli occhiali.
La guarigione ed il recupero visivo
Le moderne tecniche chirurgiche consentono, mediante la facoemulsificazione, di operare una piccola incisione attraverso cui si inserisce un cristallino pieghevole, evitando l’applicazione di punti; la guarigione della ferita chirurgica avviene quindi rapidamente e ciò consente al paziente di riprendere precocemente le sue abituali attività quotidiane; la rapida guarigione comporta anche un altrettanto precoce recupero visivo. Inoltre l’uso della facoemulsificazione, del laser a femtosecondi, l’utilizzazione di sostanze viscoelastiche protettive e l’isolamento del cristallino dentro al “sacco capsulare” rendono l’intervento particolarmente sicuro e duraturo nel tempo.
L’anestesia
Nella maggioranza dei casi è possibile eseguire l’operazione con la sola anestesia “topica”, cioè con l’instillazione di semplici colliri anestetici; in altri casi è preferibile eseguire l’anestesia locale mediante iniezione di anestetici vicino all’occhio, in tal caso il paziente, pur non potendo muovere l’occhio e pur non sentendo dolore, rimane sveglio durante l’operazione. Solo in rari casi invece è consigliabile eseguire l’anestesia generale.
Femtolaser
Nella fase chirurgica dell’intervento il chirurgo si serve di numerosi strumenti super tecnologici; la chirurgia è fortemente guidata e controllata dall’innovazione hi-tech, che sta sempre più perfezionando la chirurgia della cataratta, rendendola accurata e altamente precisa.
Il femtolaser è lo strumento che prepara l’occhio alla rimozione della cataratta; questo, attraverso una accurata programmazione informatica, consente ad un sistema digitale OCT di rilevare in maniera estremamente precisa le misure delle strutture anteriori dell’occhio, quindi successivamente di realizzare un’apertura dell’involucro anteriore della cataratta estremamente centrata e simmetrica, favorendo un posizionamento ottimale della IOL.
Lo strumento fornisce precisione e sicurezza, non raggiungibile da bisturi e pinze chirurgiche. Per dare un’idea della grande sofisticazione tecnologica basti sapere che il laser utilizza una luce a infrarossi con impulsi della grandezza di pochi micron, di brevissima durata (femtosecondo = 1 miliardesimo di secondo), elevata velocità e produce bassa energia, non danneggiando dunque i tessuti oculari.