Recenti modifiche alla nomenclatura della degenerazione maculare legata all’età

La degenerazione maculare legata all’età (DMLE) è una patologia oculare complessa correlata ad un alto rischio di complicazioni che inficiano l’acuità visiva nell’anziano.

Un team internazionale di esperti in DMLE e imaging applicato alla patologia si è recentemente riunito per discutere le definizioni e la classificazione della stessa, e in questo articolo vengono sintetizzate le principali novità emerse in tale contesto. La creazione di un uniforme insieme di terminologie e suddivisioni è essenziale per facilitare una interpretazione univoca negli studi scientifici e creare un metro di paragone similare per tutti i clinici operanti nel settore.

Attualmente la diagnosi di maculopatia viene per lo più effettuata con una tecnica diagnostica molto recente chiamata tomografia ottica a radiazione coerente (OCT). Questa modalità, utilizzando un raggio luminoso, esegue sezioni tomografiche (strati) e permette l’analisi delle varie strutture della retina.

Questo esame fornisce moltissime informazioni sullo stato della retina centrale, e quindi, riveste un ruolo fondamentale nello studio di numerose patologie della retina.

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Fig. 1. La classificazione delle neovascolarizzazioni maculari (MNV). OCT (a) e OCT-angiografia (OCTA, b) di una MNV di tipo 1: si noti l’essudazione sottoretinica e la crescita della lesione al di sotto dell’epitelio pigmentato retinico. La MNV di tipo 2 cresce nello spazio sottoretinico determinando, come nel caso rappresentato all’OCT e OCTA (c, d), essudazione al di sotto della neuroretina. La patognomonica crescita intraretinica della MNV di tipo 3 può essere osservata nell’OCT con sovrapposto segnale di flusso (d) e nella segmentazione relativa al plesso avascolare dell’OCTA (e).

La DMLE è una patologia retinica coinvolgente la regione maculare e determina un deficit visivo irreversibile che, anche a seguito di avanzamenti terapeutici importanti (in primo luogo i farmaci anti-VEGF), risulta spesso di difficile trattamento per la sua progressione nel tempo. L’incidenza della DMLE è destinata a crescere esponenzialmente con l’invecchiamento della popolazione mondiale.

Quando si identificò questa patologia, le uniche metodiche di imaging erano limitate alla fotografia del fundus e alla fluorangiografia (FA). Di conseguenza, la classificazione della DMLE era basata su queste tecniche di acquisizione. La terminologia basata sulla FA, che è quella maggiormente utilizzata in letteratura, non è totalmente applicabile ai diversi aspetti emersi grazie alle nuove metodiche di imaging quali la tomografia a coerenza ottica (OCT) e l’OCT-angiografia (OCT-A).

L’utilizzo di un sistema di nomenclatura univoco non è nuovo alla moderna medicina. Infatti in molti ambiti della medicina diversi gruppi lavorano e periodicamente si riuniscono per stilare una classificazione standardizzata. Il gruppo di studio, composto da esperti riconosciuti in campo scientifico internazionale di DMLE e imaging retinico, è stato suddiviso in due sottogruppi: il primo facente riferimento alla DMLE atrofica (Classification of Atrophy meeting group, CAM) e il secondo alla DMLE neovascolare (Consensus of Neovascular AMD Nomenclature, CONAN). In questo lavoro sono stati coadiuvati da esperti delle case di produzione di OCT e OCT-A, che hanno messo a disposizione la propria conoscenza tecnica senza che questo abbia in qualche modo influenzato i risultati.

Dalle riunioni di esperti è risultato evidente che OCT e OCT-A sono metodiche che non vanno a sostituire, bensì a coadiuvare le tecniche classiche (FA e retinografia), aumentando la precisione della capacità di classificazione.

Degenerazione maculare legata all’età

La DMLE è processo patologico per il quale la struttura e la funzione della macula si deteriorano con il tempo, in associazione a segni e sintomi distintivi che tipicamente compaiono dopo i 50 anni di vita e non sono secondari ad altre patologie retiniche (quali miopia patologica, corioretinopatia sierosa centrale, distrofie retiniche ereditarie, uveiti, infezioni o traumi oculari).

La caratteristica saliente della DMLE è l’accumulo di materiale di deposito extracellulare all’interno della macula. I depositi laminari basali sono localizzati tra le cellule dell’epitelio pigmentato retinico (EPR) e la sua membrana basale, mentre i depositi laminari lineari sono localizzati all’esterno della membrana basale dell’EPR. I depositi drusenoidi sottoretinici sono invece accumuli di materiale localizzati al di sopra dell’EPR e si manifestano come pseudodrusen.

Nelle fasi iniziale della DMLE, la performance visiva è intaccata solo marginalmente. Con il tempo, possono comparire accumuli di materiale vitelliforme, migrazione di pigmento nella neuroretina, aumento delle dimensioni delle drusen, ipo- o iper-pigmentazione dell’EPR. Nelle fasi avanzate si osservano inoltre atrofia degli strati retinici esterni, assottigliamento o perdita dell’EPR, neovascolarizzazione che può portare a leakage, sanguinamento o cicatrizzazione con grave perdita visiva. La DMLE può essere asimmetrica e ci può essere il coinvolgimento di un solo occhio.

Neovascolarizzazione

Sarebbe opportuno utilizzare il termine neovascolarizzazione maculare (MNV) al posto di quello attualmente diffuso di neovascolarizzazione coroideale (CNV), in quanto non tutte le neovascolarizzazioni originano dalla coroide.

La MNV è una invasione vascolare degli strati retinici esterni o degli strati sottoretinici o dello spazio sub-EPR. La crescita di una MNV è generalmente considerata patologica, ma potrebbe avere dei potenziali effetti benefici nel supporto nutritivo degli strati retinici esterni. In base alla localizzazione determinata attraverso l’OCT, le MNV sono distinte nelle sottocategorie elencate a seguire.

Sarebbe opportuno utilizzare il termine neovascolarizzazione maculare (MNV) al posto di quello attualmente diffuso di neovascolarizzazione coroideale (CNV), in quanto non tutte le neovascolarizzazioni originano dalla coroide

Neovascolarizzazioni maculari di tipo 1 (MNV Tipo 1): consiste in una crescita di vasi dalla coriocapillare nello spazio sub-EPR. Con il tempo la lesione va incontro a rimodellamento e allargamento, con la possibilità che si formino nuovi collegamenti vascolari tra la neovascolarizazione e la coroide. Elementi cellulari aggiuntivi, come fibroblasti, miofibroblasti e macrofagi, possono partecipare al processo patogenetico e alla formazione di tessuto fibroso. Alla FA la MNV di tipo 1 si presenta con un non ben definito leakage puntiforme multiplo, che corrisponde topograficamente a porzioni di EPR sollevato. Per tale motivo, in passato, questa lesione era definita “occulta”. L’angiografia con verde di indocianina (ICGA) può aiutare a visualizzare le strutture neovascolari, ma spesso mostra soltanto uno staining tardivo definito come placca. L’OCT-A può aiutare a visualizzare la lesione. Leakage dei vasi, emorragie, tessuto fibroso proliferante possono portare ad un distacco dell’EPR (DEP). L’essudazione può essere anche sottoretinica, probabilmente a causa dell’alta pressione idrostatica intra-lesionale e della rottura della barriera emato-retinica. Stesso dicasi per l’essudazione intraretinica, connessa anche al rilascio di VEGF.

Nel 2013 Querques e collaboratori, riferendosi a casi di MNV di tipo 1 non essudante osservati per 6 mesi, chiamarono questa lesione neovascolarizzazione quiescente. Il gruppo CONAN ha confermato la validità dell’entità di MNV ‘non essudante’, lesione che può essere identificata più facilmente con le nuove tecnologie di imaging.

Vasculopatia coroideale polipoidale (PCV): la PCV è un importante sottotipo di neovascolarizzazione definito come un network di neovasi nodulari e agglomerati chiamati polipi. Sebbene raro nei caucasici, è molto comune in Asia: circa il 50% delle MNV sono PCV. Può essere osservato oftalmoscopicamente come larghi vasi. Ai margini della lesione possono essere osservati elementi nodulari che appaiono simili agli aneurismi. La morfologia vascolare è meglio osservata con l’ICGA e l’OCT-A. Nelle fasi precoci dell’ICGA, vi è un riempimento del network e successivamente si osservano le dilatazioni vascolari. Nelle fasi tardive si osserva uno staining attorno alle dilatazioni. La PCV si espande lentamente nello spazio sub-EPR e prima di causare sintomi visivi può raggiungere dimensioni notevoli. All’OCT-A le dilatazioni vascolari possono passare inosservate, probabilmente a causa del flusso lento a questo livello, al contrario del network vascolare. In Asia il coinvolgimento è soprattutto maculare, monoculare e colpisce i maschi. Nei caucasici colpisce soprattutto il genere femminile, spesso è bilaterale ed interessa maggiormente la regione peripapillare.

Quando è stato coniato il termine PCV, si riteneva che la lesione fosse una distribuzione di vasi coroideali anormalmente dilatati circondati da dilatazioni chiamate polipi. Successivamente studi istopatologici hanno stabilito che la lesione era costituita da una crescita di vasi cavernosi dalla parete assottigliata immediatamente esterni all’EPR, al di sopra della membrana di Bruch.

Con il termine polipo in medicina si intende la crescita solida di tessuto da una membrana mucosa, e non una anomalia vascolare. Pertanto, ogni termine della definizione vasculopatia polipoidale coroideale è scorretto; è stata proposto un termine alternativo (neovascolarizzazione aneurismatica di tipo 1) ma non è stato raggiunto il consenso sul poter considerare i polipi come semplici aneurismi o strutture vascolari più complesse.

Neovascolarizzazioni maculari di tipo 2 (MNV tipo 2): con questo termine si intende una proliferazione di neovasi che originano dalla coroide e raggiungono lo spazio sottoretinico. Anche se parte di questi vasi occupa lo spazio sub-EPR, il processo patologico nelle neovascolarizzazioni di tipo 2 è dominato dalla porzione sottoretinica. Queste lesioni sono associate ad essudazione o emorragia nello spazio sottoretinico. La MNV di tipo 2 può essere una componente di un processo più esteso che include altre forme di neovascolarizzazione in vario grado. Le lesioni di tipo 2 hanno un pattern fluorangiografico caratteristico di iperfluorescenza precoce e ben definita, con leakage tardivo. L’OCT-A mostra una rete neovascolare al di sopra dell’epitelio pigmentato. Le neovascolarizzazioni maculari di tipo 2 si verificano anche in altre condizioni diverse dalla DMLE (ad esempio le strie angiodi, le lacquer cracks e le corioretiniti).

Fig. 2. Caratteristiche dell’atrofia geografica. Retinografia a colori (a) che mostra una chiazza giallastra a livello maculare con effetto finestra sui sottostanti vasi coroideali circondata da drusen. Autofluorescenza (BAF, b) della lesione atrofica con tipica ipoautofluorescenza della chiazza, circondata da un alone di iperautofluorescenza. OCT strutturale centrato in fovea (c) che mostra marcata atrofia centrale con riduzione generalizzata dello spessore retinico e atrofia del complesso EPR-strati retinici esterni con fenomeno di backscattering posteriore.
Fig. 2. Caratteristiche dell’atrofia geografica. Retinografia a colori (a) che mostra una chiazza giallastra a livello maculare con effetto finestra sui sottostanti vasi coroideali circondata da drusen. Autofluorescenza (BAF, b) della lesione atrofica con tipica ipoautofluorescenza della chiazza, circondata da un alone di iperautofluorescenza. OCT strutturale centrato in fovea (c) che mostra marcata atrofia centrale con riduzione generalizzata dello spessore retinico e atrofia del complesso EPR-strati retinici esterni con fenomeno di backscattering posteriore.

Neovascolarizzazioni maculari di tipo 3 (MNV tipo 3): si riferiscono ad una crescita vascolare verso il basso, dalla circolazione retinica verso la retina esterna. Pertanto, il termine di neovascolarizzazione coroideale non è accurata per le neovascolarizzazioni di tipo 3. Si sospetta che la proliferazione vascolare inizi dal plesso capillare profondo retinico, con un vettore di crescita che si dirige verso la retina esterna. Ci sono emorragie intraretiniche (sempre al di fuori della zona avascolare foveale) e spazi cistoidi, entrambi i quali possono essere evidenti prima della neovascolarizzazione. La neovascolarizzazione ha il potenziale di dare leakage e sanguinare.

La fluorangiografia retinica dimostra leakage di fluoresceina intraretinico e la possibile presenza di edema maculare cistoide. L’angiografia al verde di indocianina mostra una piccola lesione iperfluorescente (probabilmente si tratta di vasi discendenti visti in proiezione assiale). L’OCT mostra un vario grado di edema intraretinico. L’OCT-A mostra una proliferazione di vasi nelle porzioni più profonde della retina. La proliferazione a livello dell’EPR e l’eventuale rottura di questo strato possono dare origine a neovascolarizzazioni sub-EPR, con potenziali anastomosi con gli strati più profondi.

Anche se sia le neovascolarizzazioni tipo 2 che quelle di tipo 3 possono presentare neovasi nello spazio sottoretinico, le neovascolarizzazioni di tipo 3 originano dalla rete microvascolare retinica, mentre quelle tipo 2 e 1 si sviluppano dalla coroide. Le neovascolarizzazioni di tipo 3 sono state definite in vari modi (complessi vascolari retinici anomali, proliferazioni angiomatose retiniche, anastomosi retino-coroideali occulte).

Anastomosi retino-coroideali: un’anastomosi è una comunicazione vascolare tra vasi che non sono normalmente connessi se non tramite capillari. Nelle reti neovascolari ci sono vasi che consentono il flusso di sangue dalla retina alla coroide e viceversa, a seconda delle differenze di pressioni relative. Il gruppo CONAN raccomanda che le lesioni dovrebbero essere chiamante anastomosi retino-coroideali, ma specificando che questo termine non si riferisce alla direzione del flusso.

In sintesi, in base alle descrizioni precedenti il gruppo CONAN ha proposto che si usino i seguenti termini:

  • MNV tipo 3 quando il complesso vascolare origina dalla retina;
  • MNV tipo 1 quando i vasi originano dalla coroide e rimangono sotto l’EPR;
  • MNV tipo 2 in caso di una neovascolarizzazione che origina dalla coroide e attraversa l’EPR per raggiungere lo spazio sottoretinico

La denominazione MNV tipo 2 deriva dalla localizzazione anatomica del fronte proliferativo neovascolare, anche se il flusso sanguigno deve attraversare lo spazio sub-EPR per raggiungere lo spazio sottoretinico. Se c’è una neovascolarizzazione prominente sia nello spazio sottoretinico che nello spazio sub-RPE, si può applicare il termine di neovascolarizzazione mista tipo 1 e tipo 2.

Caratteristiche essudative delle lesioni neovascolari

Le essudazioni sono una caratteristica comune delle neovascolarizzazioni maculari, e si possono manifestare in 4 forme basilari: leakage, fluido sottoretinico, lipidi e materiale essudativo iperriflettente sottoretinico (SHRM).

Leakage: è la fuoriuscita di fluido e componenti del siero in seguito alla rottura della barriera emato-oculare. Il leakage è tipicamente individuato con la fluorangiografia, quando l’area di iperfluorescenza sembra espandersi nel corso delle sequenze angiografiche;

Fluido intra- e sotto-retinico: si accumula se il leakage eccede la capacità locale di rimuovere il fluido. Il fluido intraretinico si accumula dal leakage dei vasi retinici o delle neovascolarizzazioni intraretiniche o ancora dalla diffusione di fluido attraverso la retina esterna legata ad anomalie della membrana limitante esterna e delle strutture associate;

Lipidi (essudati duri): precipitati di lipoproteine correlati ad un leakage vascolare cronico. Le componenti acquose del leakage possono essere riassorbite da differenti meccanismi che non rimuovono direttamente le molecole di lipoproteine associate, le quali possono pertanto accumularsi nei tessuti;

Materiale sottorenico iperriflettente (Subretinal Hyperreflective Material, SHRM): è una essudazione dentro o sotto la retina di materiale ma senza globuli rossi (che sarebbero individuati alla foto a colori del fondo). Questo materiale si rileva invece tramite OCT, e appare come una regione di accumulo poco definito di materiale di riflettività uniformemente aumentata. Il materiale potrebbe includere un misto di siero, fibrina e cellule infiammatorie. Lo SHRM non è iper-autoflorescente, a differenza di quanto accade per il materiale pseudovitelliforme. La presenza di SHRM è associata ad un outcome visivo peggiore.

Componenti addizionali alla neovascolarizzazione maculare

La classificazione delle neovascolarizzazioni maculari si concentra sulla topologia della crescita dei neovasi, ma non descrive pienamente la lesione risultante.

La separazione tra caratteristiche della lesione e componenti della lesione è in qualche modo arbitraria, ma convenzionalmente l’essudazione (quali i lipidi o lo SHRM) non altera la misurazione della grandezza della lesione quando si utilizza la fluorangiografia. Le componenti della lesione al contrario possono impedire la corretta misurazione della lesione neovascolare con la FA (e sono pertanto considerate parte di una lesione più estesa). Con l’avvento di tecniche di imaging moderno come l’OCT-A, questa suddivisione storica è in parte superata.

Distacco dell’epitelio pigmentato retinico (DEP): nella DMLE, i distacchi dell’EPR sono causati da un sollevamento dello strato dell’EPR e della sua membrana basale dallo strato interno di collagene della membrana di Bruch, causato da fluido al di sotto dell’EPR, da sangue o materiale fibrovascolare. Nella degenerazione maculare legata all’età i DEP sierosi possono verificarsi anche nel contesto di una DMLE non neovascolare, ma l’angiografia al verde di indocianina ha dimostrato che nella maggior parte dei casi i DEP sono dovuti a neovascolarizzazioni. La struttura dei DEP fibrovascolari è dominata da vasi e tessuto fibroso disposti in modo complesso, anche se può esserci anche la presenza di fluido. L’OCT e l’OCT-A possono essere usati per studiare la struttura anatomica interna dei DEP. Una particolare classe di DEP è il DEP drusenoide: si tratta di una drusen ampia o di una confluenza di drusen, con una dimensione di almeno 350 micron. I DEP possono verificarsi nel contesto di una neovascolarizzazione maculare di tipo 1 o di tipo 3;

Emorragia: è una extravasazione di sangue dal complesso neovascolare, che può essere localizzato sotto l’EPR, sutto la neuroretina, in sede intraretinica e a volte anche pre-retinica. Il sangue fresco è rosso e ipo-autofluorescente. Successivamente diventa giallo e iper-autofluorescente (a differenza della fibrosi, che invece non presenta iper-autofluorescenza);

Fibrosi: istologicamente i depositi fibrotici sono costituiti da collagene di tipo 4, prodotto da fibroblasti, miofibroblasti e presumibilmente anche da cellule dell’EPR. Con la comparsa del tessuto fibroso-cicatriziale, la lesione retinica subisce una contrazione;

Rotture dell’EPR: sono causate da una deiscenza trazionale dell’EPR, e si verificano quando le forze trazionali sono più potenti di quelle strutturali e coesive. La rottura dell’EPR è iper-autofluorescente per un aumento del passaggio della luce attraverso i fluorofori.

Componenti della DMLE atrofica nel contesto della MNV

Le cause di calo visus nella DMLE essudativa sono correlate alla neovascolarizzazione (emorragie, essudazione e fibrosi). Un’ulteriore importante causa di perdita visiva è rappresentata però dall’atrofia.

Atrofia della retina esterna (Outer Retinal Atrophy, ORA): si riferisce all’assottigliamento osservabile nello strato nucleare esterno con perdita della riflettività delle bande esterne, in particolare a livello della ellipsoid zone (EZ). L’ORA può essere visualizzata al di sopra delle drusen, delle aree di neovascolarizzazione o di fibrosi, e nelle regioni associate a fluido sottoretinico. L’atrofia della retina esterna può essere suddivisa in completa (quando l’EZ e l’interdigitation zone non sono visualizzabili) o incompleta (quando queste bande hanno un profilo discontinuo);

Atrofia dell’epitelio pigmentato retinico e della retina esterna (Retinal Pigment Epithelial and Outer Retinal Atrophy, RORA): può esistere in forma completa o incompleta, ed è caratterizzata da un’atrofia totale o parziale a livello dell’EPR e dello strato dei fotorecettori.

È importante sottolineare che ci possono essere diversi livelli di atrofia in occhi con MNV. La perdita di tessuto retinico a livello maculare può portare all’utilizzo di regioni parafoveali per ottenere la fissazione.

Conclusioni

In conclusione, l’utilizzo di una nomenclatura precisa e comune nell’ambito della DMLE è fondamentale, anche per riuscire a comparare fra loro i diversi lavori scientifici. A questo proposito, l’OCT strutturale e l’OCT-A sono metodiche molto utili per identificare caratteristiche anatomiche e neovascolari. L’obiettivo di questa classificazione e nomenclatura è sia quello di prevedere il tasso di progressione della maculopatia, che di correlarlo all’outcome visivo.

La maculopatia senile è una patologia multifattoriale. Alcuni fattori che espongono maggiormente alla malattia sono

  • Fumo e alcool
  • Luce del sole
  • Familiarità/ereditarietà
  • Diabete
  • Alimentazione squlibrata
  • Malattie cardiovascolari