Gli steroidi nel trattamento dell’edema maculare diabetico

L'edema maculare diabetico (EMD) rimane ad oggi la principale causa di perdita della visione nei paesi sviluppati, nonostante i continui progressi nella terapia sia del diabete mellito che della retinopatia diabetica. In un recente passato lo standard di trattamento per l’EMD era costituito dal laser focale o a griglia, efficace nel ridurre la probabilità di perdere 15 o più lettere di acuità visiva in 3 anni. Successivamente i farmaci inibitori del Vascular Endothelial Growth Factor (anti-VEGF) sono divenuti la prima linea di trattamento, essendo le iniezioni intravitreali mensili di anti-VEGF in grado di migliorare significativamente l’acuità visiva rispetto al solo trattamento laser (1).

I farmaci anti-VEGF approvati per il trattamento dell’EMD sono il ranibizumab e l’aflibercept. Più recentemente, i progressi nella comprensione della patogenesi dell’EMD hanno dimostrato il ruolo nella sua insorgenza non solo di uno squilibrio di fattori pro-angiogenici, ma anche di un aumento delle citochine pro-infiammatorie intraoculari.

Questa scoperta ha portato all’utilizzo nel trattamento dell’EMD anche di agenti corticosteroidei, i quali hanno il duplice effetto sia di ridurre la produzione di fattori pro-infiammatori, sia allo stesso tempo di ridurre la produzione di fattori di crescita angiogenici, come il VEGF. La via di somministrazione prescelta è quella intravitreale, che riduce gli effetti collaterali degli steroidi per via sistemica e ottiene una buona penetrazione nell’organo bersaglio, a differenza degli steroidi topici. Al momento i farmaci intravitreali di natura steroidea a disposizione dell’oculista per il trattamento dell’EMD sono tre: triamcinolone acetonide, desametasone e fluocinolone acetonide.

Triamcinolone

acetonide Il triamcinolone acetonide è stato il primo steroide impiegato per trattare l’EMD recalcitrante. Una singola iniezione intravitreale può rimanere clinicamente attiva per 3 mesi, ma la durata è sensibilmente ridotta in occhi vitrectomizzati.

Lo studio DRCR.net protocollo B ha confrontato l’utilizzo del triamcinolone acetonide a 2 diversi dosaggi (1 mg e 4 mg) rispetto alla fotocoagulazione focale/griglia per il trattamento dell’EMD. Lo studio ha mostrato come il miglioramento dell’acuità visiva fino a 3 anni fosse maggiore nei pazienti trattati con il laser rispetto alle iniezioni di triamcinolone acetonide.

La prevalenza della chirurgia della cataratta risultò più alta nei bracci trattati con triamcinolone acetonide 4 mg e 1 mg (rispettivamente 83% e 46%) rispetto al braccio fotocoagulazione focale/griglia (31%). Analogamente l’aumento della IOP≥10 mmHg risultò più frequente tra i pazienti trattati con triamcinolone acetonide 4 mg e 1 mg (33% e 18% rispettivamente) rispetto a quelli che ricevettero fotocoagulazione focale/griglia (4%) (2). Successivamente lo studio DRCR.net protocollo I ha confrontato l’efficacia del trattamento con ranibizumab + fotocoagulazione (immediata o differita) rispetto al trattamento con triamcinolone 4 mg + fotocoagulazione immediata e rispetto alla sola fotocoagulazione.

Fig. 1a OCT strutturale di un paziente affetto da EMD con scarsa risposta al precedente trattamento con 3 iniezioni di ranibizumab; il visus è 60 lettere ETDRS (20/63) e lo spessore retinico centrale è 630 µm.
Fig. 1a OCT strutturale di un paziente affetto da EMD con scarsa risposta al precedente trattamento con 3 iniezioni di ranibizumab; il visus è 60 lettere ETDRS (20/63) e lo spessore retinico centrale è 630 µm.
Fig. 1b OCT strutturale dello stesso paziente a distanza di 2 mesi dall’iniezione di desametasone; il visus è 70 lettere ETDRS (20/40) e lo spessore maculare è 238 µm.
Fig. 1b OCT strutturale dello stesso paziente a distanza di 2 mesi dall’iniezione di desametasone; il visus è 70 lettere ETDRS (20/40) e lo spessore maculare è 238 µm.

A distanza di 1 anno l’approccio con ranibizumab risultò essere più efficace nel determinare un miglioramento dell’acuità visiva (+9 lettere) rispetto al trattamento con triamcinolone (+4 lettere) e al solo trattamento laser (+3 lettere). Tuttavia, analizzando i risultati dei soli pazienti pseudofachici, è emerso che i pazienti trattati con triamcinolone presentavano risultati paragonabili a quelli dei pazienti trattati con ranibizumab, dimostrando ancora una volta l’importanza della progressione della cataratta come fattore in grado di influire negativamente sulla prognosi visiva dei pazienti fachici trattati con corticosteroidi (2).

La breve durata d’azione, con la conseguente necessità di iniezioni frequenti, insieme alla non trascurabile incidenza di effetti collaterali come la progressione della cataratta e l’aumento del tono oculare, hanno portato alla progressiva riduzione nell’utilizzo del triamcinolone e allo sviluppo di impianti a lento rilascio di steroidi sintetici.

Desametasone

Il desametasone è un corticosteroide sintetico con un potente effetto anti-infiammatorio (fino a 2 volte quello del fluocinolone e 5 volte quello del triamcinolone). Data la natura idrosolubile della molecola, il desametasone viene somministrato per via intravitreale sotto forma di impianto a lento rilascio, al fine di evitare una troppa rapida clearance del farmaco dalla cavità vitreale.

L’impianto è attualmente approvato per il trattamento dell’edema maculare secondario a retinopatia diabetica, occlusione venosa retinica e uveiti intermedie/posteriori non infettive. Stando ai dati post-marketing, il sistema di rilascio prolungato di desametasone è efficace per 3-6 mesi nella maggioranza dei pazienti. È efficace allo stesso modo anche nei pazienti che hanno subito una vitrectomia, ed è risultato sicuro in gravidanza.

Fig. 2a OCT strutturale di una paziente affetta da EMD con buona risposta alle precedenti iniezioni di desametasone ma con tendenza a recidivare all’esaurimento del farmaco; il visus è 70 lettere ETDRS (20/40) e lo spessore retinico centrale è 491 µm. A causa della necessità di multiple iniezioni di desametasone, la paziente viene shiftata al trattamento con fluocinolone acetonide.
Fig. 2a OCT strutturale di una paziente affetta da EMD con buona risposta alle precedenti iniezioni di desametasone ma con tendenza a recidivare all’esaurimento del farmaco; il visus è 70 lettere ETDRS (20/40) e lo spessore retinico centrale è 491 µm. A causa della necessità di multiple iniezioni di desametasone, la paziente viene shiftata al trattamento con fluocinolone acetonide.
Fig. 2b OCT strutturale dello stesso paziente a distanza di 6 mesi dall’iniezione di fluocinolone; il visus è 75 lettere ETDRS (20/32) e lo spessore maculare è 293 µm.
Fig. 2b OCT strutturale dello stesso paziente a distanza di 6 mesi dall’iniezione di fluocinolone; il visus è 75 lettere ETDRS (20/32) e lo spessore maculare è 293 µm.

Nello studio MEAD è stato confrontato l’effetto nei pazienti con EMD dell’impianto di desametasone da 0.35 mg, da 0.7 mg e di un’iniezione sham, con ritrattamento previsto non prima di 6 mesi. Un miglioramento nell’acuità visiva di almeno 15 lettere si è verificato nel 22.2% di pazienti trattati con l’impianto da 0.7 mg, nel 18,4% di quelli trattati con impianto da 0.35 mg, e nel 12% dei pazienti che ricevevano iniezione sham.

La percentuale di pazienti che ebbe un aumento del tono oculare ≥10 mmHg fu maggiore in entrambi i gruppi trattati con desametasone (27.7% per la dose maggiore, 24.8% per la dose minore) rispetto al gruppo di controllo (3.7%). L’effetto di iniezioni ripetute di desametasone sul rialzo pressorio non fu cumulativo, e gli episodi di ipertono furono generalmente transitori e gestibili con una terapia topica. L’incidenza di eventi avversi legati allo sviluppo o alla progressione della cataratta fu rispettivamente del 67.9% dopo il trattamento con la dose maggiore, 64.1% dopo la dose minore, rispetto al 20.4% del gruppo di controllo. Il miglioramento dell’acuità visiva venne generalmente recuperato dopo l’estrazione della cataratta (3).

Fig. 3 OCT strutturale di un paziente affetto da EMD naïve. La scansione mostra la presenza di distacco sieroso del neuroepitelio e di numerosi foci iper-riflettenti, entrambi parametri morfologici associati ad un aumentato stato infiammatorio in occhi con EMD, potenzialmente più responsivi a una terapia con steroidi in prima linea.
Fig. 3 OCT strutturale di un paziente affetto da EMD naïve. La scansione mostra la presenza di distacco sieroso del neuroepitelio e di numerosi foci iper-riflettenti, entrambi parametri morfologici associati ad un aumentato stato infiammatorio in occhi con EMD, potenzialmente più responsivi a una terapia con steroidi in prima linea.

Lo studio BEVORDEX ha confrontato l’impianto di desametasone da 0.7 mg con bevacizumab nei pazienti con EMD: sia il gruppo trattato con lo steroide sia il gruppo trattato con anti-VEGF hanno registrato un aumento di almeno 10 lettere della BCVA (rispettivamente nel 41% e nel 40% dei casi). Nessuno degli occhi trattati con anti-VEGF ha avuto un successivo peggioramento dell’acuità visiva, che invece è accaduto nell’11% degli occhi del gruppo del desametasone, principalmente per l’insorgenza di cataratta (4). L’impianto può accidentalmente migrare in camera anteriore in occhi afachici o pseudofachici, evento che richiede la rimozione chirurgica. Altre complicanze poco frequenti, legate all’iniezione, includono endoftalmite ed emorragia vitreale.

Fluocinolone acetonide

Fluocinolone acetonide è disponibile in commercio sotto forma di impianto intravitreale a rilascio prolungato. Il dispositivo contiene 180 µg di fluocinolone, rilasciato a basso dosaggio per una durata massima di 36 mesi (la più lunga durata d’azione tra gli steroidi approvati per il trattamento dell’EMD).

A differenza dell’impianto di desametasone, quello di fluocinolone non è biodegradabile, pertanto l’impianto rimane all’interno della cavità vitreale anche dopo il termine dell’effetto farmacologico. Lo studio FAME ha confrontato l’utilizzo di fluocinolone acetonide a due diversi dosaggi (0.2 vs. 0.5 µg/die) rispetto a iniezioni placebo.

Dopo 36 mesi la percentuale di pazienti che ebbero un miglioramento nell’acuità visiva di almeno 15 lettere risultò significativamente maggiore tra i pazienti trattati con ciascuna dose di fluocinolone rispetto a coloro che ricevettero un’iniezione sham (5).

La percentuale di effetti collaterali risultò maggiore rispetto all’impianto di desametasone. Fino all’81,7% di tutti i pazienti fachici sviluppò o ebbe una progressione della cataratta. Va notato come il miglioramento nell’acuità visiva fu recuperato dopo l’intervento di estrazione della cataratta, con risultati visivi a lungo termine paragonabili a quelli dei pazienti già pseudofachici prima dell’iniezione di fluocinolone.

L’incidenza di aumento del tono intraoculare sopra 30 mmHg risultò prevedibilmente maggiore nei pazienti trattati con fluocinolone (18.4% per la dose minore, 22.9% per la dose maggiore) rispetto al gruppo di controllo (4.3%), e la percentuale di pazienti che richiesero un approccio chirurgico per controllare l’aumento pressorio fu del 4.8% con la dose minore e dell’8.1% con la dose maggiore, rispetto allo 0.5% del gruppo di controllo.

Attualmente l’impianto di fluocinolone acetonide è indicato per il trattamento dell’EMD cronico (che non ha risposto alle altre terapie disponibili) in pazienti già trattati con steroidi intravitreali e che non hanno sviluppato un aumento significativo della pressione intraoculare. La rimborsabilità del farmaco è inoltre limitata ai pazienti pseudofachici.

Approccio terapeutico

Data la non trascurabile incidenza di effetti collaterali (principalmente progressione della cataratta e aumento del tono oculare), l’utilizzo degli steroidi intravitreali è generalmente riservato ai casi con scarsa risposta al trattamento iniziale con una dose di carico di almeno 3 iniezioni di anti-VEGF. È stato riportato infatti che, in occhi con una scarsa risposta (<5 lettere) alle iniziali 3 iniezioni di ranibizumab, solo 20-30% vanno incontro ad un miglioramento visivo significativo fino a 3 anni proseguendo la terapia con anti-VEGF (6).

Al fine di evitare danni permanenti dati dalla persistenza dell’edema, in questi pazienti è raccomandabile uno shift precoce verso la terapia con desametasone. D’altra parte, gli svantaggi degli anti-VEGF (la durata d’azione più breve, la necessità di un maggior numero di iniezioni, e il fatto che siano relativamente controindicati in pazienti con storia recente di eventi cardiovascolari) hanno stimolato la ricerca sull’impiego in casi selezionati degli steroidi come terapia di prima linea, specialmente in pazienti pseudofachici.

L’utilizzo della tomografia ottica a radiazione coerente (OCT) ha permesso di migliorare la comprensione della patogenesi dell’EMD e ha aperto alla possibilità di valutare la validità di parametri morfologici come marcatori della risposta ai trattamenti intravitreali.

In particolare, la presenza di alterazioni della membrana limitante esterna, di distacco sieroso del neuroepitelio, e una quantità maggiore di spots iper-riflettenti sono stati associati ad un incrementato livello di fattori infiammatori in occhi con EMD, i quali pertanto potrebbero beneficiare maggiormente da una terapia iniziale con steroidi intravitreali (7).

In conclusione, diversi corticosteroidi sono disponibili ed efficaci per il trattamento dell’EMD, sia nelle forme naïve sia nei casi refrattari alla terapia con anti-VEGF. Gli effetti collaterali tipici sono la progressione della cataratta e il rialzo del tono intraoculare, ma la loro incidenza varia a seconda del farmaco impiegato. Ulteriori studi sono necessari per determinare il ruolo degli steroidi nell’approccio terapeutico dell’EMD.

Bibliografia:
  1. Nguyen QD, Shah SM, Heier JS, et al. Primary end point (six months) results of the Ranibizumab for Edema of the mAcula in diabetes (READ-2) study. Ophthalmology. 2009;116(11):2175–2181
  2. Schwartz G. S. et al. Update on corticosteroids for diabetic macular edema, Clinical Ophthalmology 2016
  3. Boyer DS, Yoon YH, Belfort R Jr, et al. Three-year, randomized, sham-controlled trial of dexamethasone intravitreal implant in patients with diabetic macular edema. Ophthalmology. 2014;121(10):1904–1914
  4. Gillies MC, Lim LL, Campain A, Quin GJ, Salem W, Li J, Goodwin S, Aroney C, McAllister IL, Fraser-Bell S. A randomized clinical trial of intravitreal bevacizumab versus intravitreal dexamethasone for diabetic macular edema: the BEVORDEX study. Ophthalmology. 2014;121:2473-2481
  5. Boyer DS, Yoon YH, Belfort R, Bandello F, Maturi RK, Augustin AJ, Li XY, Cui H, Hashad Y, Whitcup SM. Three-Year, Randomized, Sham-Controlled Trial of Dexamethasone Intravitreal Implant in Patients with Diabetic Macular Edema. Ophthalmology. 2014;121(10):1904-14.
  6. Gonzalez VH, Campbell J, Holekamp NM et al. Early and long-term responses to anti-vascular endothelial growth factor therapy in diabetic macular edema: analysis of protocol I data. American Journal of Ophthalmology 2016;177:230–231
  7. Cavalleri M, Cicinelli MV, et al. Prognostic role of optical coherence tomography after switch to dexamethasone in diabetic macular edema. Acta Diabetologica 2019; [E-pub].