L’importanza dell’aderenza al trattamento nei pazienti affetti da Glaucoma

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*Il Dottor Carassa, per questo articolo, è consulente di Alcon Italia.

Focus On a cura di Alcon

Il glaucoma è una malattia difficile da gestire. Il successo della terapia, infatti, non si limita alla sola efficacia dei farmaci impiegati, ma è correlata a molti altri fattori, che spesso sono difficili da controllare da parte dell’oculista.
Innanzitutto, la velocità di progressione della malattia può essere molto differente tra i pazienti e questo obbliga il medico a scegliere molecole o strategie terapeutiche diverse da caso a caso. La diversa risposta ai farmaci crea un’ulteriore difficoltà in quanto non permette delle scelte prefissate ma obbliga ad individualizzare la terapia. Quindi, cosa più critica di tutte, spesso i pazienti non utilizzano i colliri come prescritto. Questo può essere dovuto ad una scarsa aderenza o ad una difficoltà d’uso delle gocce.
La prima è un problema estremamente importante: non solo è frequente ma soprattutto è praticamente impossibile individuare con certezza gli “aderenti” e i “non aderenti”. Sono note tuttavia le “barriere” alla terapia medica in grado di influenzare negativamente la compliance. Oltre alla ridotta conoscenza della malattia e dello scopo della terapia, al sub-ottimale rapporto medico paziente ed alla presenza di problemi “psicologici” quale la depressione eccetera, ci sono una serie di variabili legate alla terapia stessa.
Un regime terapeutico complesso che richieda l’uso di diverse molecole contemporaneamente, o l’eccessivo numero di somministrazioni giornaliere, facilmente provoca una bassa aderenza alla prescrizione. Lo stesso vale per farmaci che producono effetti collaterali locali o sistemici.
Un’area meno esplorata, in grado tuttavia di influenzare pesantemente l’efficacia della terapia, è la difficoltà d’instillazione delle gocce oculari. Mentre l’uso di altre forme farmaceutiche come le compresse è una cosa semplice ed a cui il paziente è abituato, l’uso delle gocce oculari è non solo un’esperienza “nuova” ma un atto difficile ed innaturale: siamo infatti abituati quotidianamente ad ingoiare qualcosa mentre sicuramente non siamo avvezzi ad infilarci cose negli occhi!
L’oculista difficilmente percepisce questa difficoltà e difficilmente, dopo avere consegnato la prescrizione di un collirio, dedica del tempo per istruire il paziente su come questo si deve utilizzare. Quello che poi rende tutto molto più complesso è la difficile, o spesso impossibile, percezione da parte del paziente dell’errata instillazione delle gocce.
In letteratura risulta che un’instillazione completamente fuori dall’occhio avviene nel 6.8%-31.4% dei casi ed un contatto del boccettino con la cornea o la congiuntiva interessa il 15.3%-28.8% dei pazienti, con marcate differenze correlate all’età, all’acuità visiva, allo stadio della malattia ed alla presenza di patologie concomitanti.
Una globale difficoltà d’instillazione è comunque presente in più del 42% dei casi.
In uno studio che abbiamo eseguito presso il nostro Centro utilizzando una videoregistrazione e chiedendo ai pazienti di compilare un questionario riportando il loro giudizio sulla buona riuscita dell’instillazione è emerso che il 18% dei pazienti mancava completamente l’occhio con le gocce. In modo interessante, di questo 18%, l’80% riferiva di avere eseguito una instillazione corretta! Il 12% inoltre mostrava durante l’instillazione un contatto con il bulbo oculare. In quello studio, inoltre, sono state valutate diverse tipologie di confezioni e si è evidenziato che i diversi contenitori possono generare performance differenti.
I contenitori monodose erano quelli che rendevano significativamente più difficile l’instillazione, procurando anche frequenti contatti bulbari a causa del maggior sforzo necessario a comprimere il flaconcino. Questo è in accordo con quanto pubblicato in un lavoro di alcuni anni fa dove confrontando contenitori monodose con multidose, si evidenziò una impossibilità a fare uscire le gocce nel 30% dei casi ed una mancata instillazione in più della metà dei pazienti quando utilizzavano contenitori monodose.
Come evidente, esistono pertanto molte variabili che influenzano il risultato finale della terapia antiglaucomatosa e che vanno ben al di là della semplice efficacia ipotonizzante delle varie molecole.
L’oculista, al fine di un successo nel rallentare significativamente la progressione della malattia (cosa comunque purtroppo mai certa…) deve considerare tutti gli aspetti che rapidamente abbiamo trattato.
I farmaci devono essere indubbiamente efficaci, ma devono anche limitare gli effetti collaterali, avere un regime semplice e soprattutto essere facili da utilizzare. Sarebbe opportuno verificare sempre (almeno in una occasione) la capacità di instillazione da parte del paziente ed eventualmente spiegare rapidamente la tecnica di utilizzo.
È pertanto necessario sempre individualizzare la terapia sulla base delle varie problematiche che ciascun paziente ha. Per far ciò è però necessario che il medico “conosca” i propri pazienti e che abbia con essi un corretto rapporto. Questo è alla base del successo terapeutico.

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