Melanoma oculare: manifestazioni cliniche e approcci terapeutici

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Melanoma oculare
Fig. 1a, 1b Membrana di Bruch.

I tumori dell’occhio sono una patologia rara e tra questi quelli clinicamente più frequenti sono il melanoma della coroide, l’emagioma localizzazato della coroide e le metastasi intraoculari.
Il melanoma maligno dell’uvea è certamente la neoplasia primitiva intraoculare più frequente nell’età adulta: rappresenta infatti circa il 90% dei tumori oculari. Origina dai melanociti della cresta neurale. La neoplasia può colpire tutti e tre i tratti dell’uvea: iride, corpo ciliare e coroide ma la localizzazione coroideale è la più frequente (80%) (fig.1).

Incidenza e metastasi

L’incidenza del melanoma della coroide in Italia è di 350-400 nuovi casi per anno, pari a circa 6-7 casi per milione di abitanti. Colpisce maschi e femmine in egual misura ed è estremamente raro nelle razze non caucasiche; secondo i dati riportati in letteratura, gli individui con pelle bianca presentano un rischio otto volte maggiore di sviluppare tale neoplasia rispetto a quelli con pelle nera. Riguardo l’età di insorgenza, tale forma tumorale è molto rara nei bambini, e la sua incidenza aumenta con il crescere dell’età fino a raggiungere un picco massimo verso i 50-60 anni (età media alla diagnosi è infatti circa 55 anni). Il melanoma dell’uvea presenta un'elevata tendenza a metastatizzare, ed è utile segnalare che tale evenienza si può verificare anche relativamente tardi nel corso dell’evoluzione della neoplasia. Le metastasi si sviluppano unicamente per via ematica essendo la coroide sprovvista di drenaggio linfatico; le sedi preferenziali di metastasi sono il fegato (92% dei casi), il polmone (31% dei casi), lo scheletro (23%), la cute (17%) e il sistema nervoso centrale (4%). La mediana di sopravvivenza in paziente con metastasi epatica è solo 2-4 mesi. Più del 30% dei pazienti decede per metastasi nei primi 10 anni.

Manifestazioni cliniche

In molti casi il melanoma dell’uvea è asintomatico e può essere scoperto casualmente nel corso di un esame di routine oppure in presenza di una patologia già allo stadio avanzato. La precocità e le caratteristiche della sintomatologia iniziale dipendono fondamentalmente dalla localizzazione del tumore (localizzazione al polo posteriore vs periferica), dalle caratteristiche istopatologiche e dalla velocità di crescita. Quando le manifestazioni cliniche sono presenti, le più importanti sono: riduzione dell’acuità visiva, fotopsie, alterazioni del campo visivo, miodesopsie, metamorfopsie, dilatazione dei casi epislerali (vasi sentinella), dolore oculare.

Fig. 2a, 2b Ecografia oculare B e A scan.

Diagnosi

La diagnosi nel melanoma avviene in oltre il 95% dei casi mediante l’oftalmoscopia binoculare indiretta e l’ecografia oculare (fig. 2).
L’oftalmoscopia binoculare indiretta consente di apprezzare le caratteristiche del tumore e la presenza di alterazioni a carico delle strutture adiacenti eventualmente associate, con particolare riferimento al distacco della retina. È importante verificare se l’area maculare è coinvolta dal distacco retina per fare una prognosi funzionale; per tale motivo l’esame va effettuato prima con paziente seduto poi con paziente sdraiato per valutare il “movimento” del distacco di retina.
L’ecografia oculare può essere effettuata con tecnica A e B scan e con la ultrabiomicroscopia a ultrasuoni (UBM). L'ecografia B scan fornisce le caratteristiche del tumore in termini di forma (a cupola, a fungo,...), dimensioni, struttura, estensione e infiltrazione sclerale. L'ecografia A scan permette invece di fare diagnosi tissutale mediante il differente comportamento degli ultrasuoni all'interno del tumore; in particolare il melanoma è caratterizzato da una reflettività interna medio bassa decrescente verso la sclera (a differenza delle metastasi che hanno una reflettività interna medio-alta con aspetto irregolare e crescente verso la sclera, mentre gli emangiomi localizzati della coroide hanno una reflettività interna alta e omogenea). Con l'UBM è possibile verificare il coinvolgimento del corpo ciliare nei casi di melanomi anteriori e caratterizzare i melanomi propri del corpo ciliare e dell'iride e i melanomi del corpo ciliare e della coroide (quest'ultimo rivela di solito una massa solida, acusticamente scura, che ha una forma biconvessa in sezione trasversale).

Nella diagnosi del melanoma sono poi importanti esame OCT unitamente alla retinografia a colori e all'angiografia (fluorangiografia e angiografia verde indocianina) che risultano peraltro necessari nel follow-up dei tumori trattati con radioterapia conservativa. Negli ultimi anni, poi, l'angiografia effettuata con immagini panfundoscopiche permettono di delineare pattern di vascolarizzazioni differenti nei diversi melanomi utili nel follow-up.
L'agoaspirato e/o la biopsia, manovre diagnostiche regolarmente effettuate in caso di neoplasie sistemiche, vengono effettuate raramente per la diagnosi cito-istologica in casi di difficile diagnosi differenziale (spessore minimo per effettuare la manovra di agoaspirato 2,5-3mm); queste manovre devono invece essere effettuate con funzione prognostica per la ricerca delle alterazioni cromosomiche. Infatti ad oggi la monosomia del cromosoma 3 e la polisomia del cromosoma 8 sono markers prognostici di maggior rischio metastatico; per questo motivo in tutti i pazienti il prelievo di tessuto tumorale deve essere effettuato per il follow-up oncologico (in via diretta in caso di enucleazione dell’occhio, successivamente alla radioterapia in caso di trattamento conservativo) (Frizzerio 2019).

Fattori prognostici

La dimensione del tumore primitivo rimane uno tra i fattori prognostici più importanti. Per la classificazione viene impiegata quella proposta dall’AJCC (settima edizione) che prende in considerazione spessore, diametro maggiore del tumore associato ed eventuale estensione del tumore in altre sedi oculari. Tale classificazione suddivide il tumore primitivo in relazione allo spessore e alla larghezza della base d’impianto.
Da considerare altri fattori prognostici come il sottotipo istologico - cellule fusate/epiteliodi -, il tipo di pattern di invasione della matrice extracellulare, la presenza di tumore che invade il corpo ciliare o la camera anteriore, l’invasione della sclera e la presenza di figure mitotiche.
Particolarmente importante ad oggi è l'analisi delle alterazioni molecolari che individuano la monosomia del cromosoma 3 come principale indicatore di rischio metastatico unitamente alla polisomia del cromosoma 8 e alla monosomia del cromosoma 1. Da considerare anche la Gene Expression Profiling (GEP) che considera il melanoma GEP tipo 2 ad alto rischio di metastatizzazione (a cui corrisponderebbe il profilo di monosomia 3) e il melanoma GEP 1 con un basso rischio di sviluppare metastasi (cui corrisponderebbe la disomia del cromosoma 3).
Tutte queste informazioni molecolari sono in continua evoluzione, infatti sono da considerare altri fattori prognostici che integrano e si incrociano con quelli descritti, quali ad esempio la mutazione di BAP1, mutazioni di PRAME, EIF1AX.
Ad oggi la monosomia del cromosoma 3 è considerata l’informazione più significativa, più facilmente ottenibile anche in considerazione dell’esecuzione in laboratorio e del costo.
In considerazione di queste informazioni prognostiche è necessario effettuare agoaspirato o biopsia nei paziente sottoposti a trattamento conservativo con radioterapia subito prima o dopo il trattamento per ottenere le informazioni delle alterazioni molecolari del tumore, chiaramente ottenibili in modo diretto in quei pazienti che vengono sottoposti ad enucleazione come primo trattamento.

Trattamento

Il trattamento del melanoma oculare può essere radicale o conservativo.
Quando si parla di trattamento radicale si intende l’asportazione della neoplasia in toto e in questo senso l’intervento principale è l'enucleazione dell’occhio, che ancora oggi viene effettuata nel 25-30% dei casi.
Il trattamento conservativo viene effettuata soprattutto con la radioterapia che viene effettuata nel 70-75% dei casi di melanoma. La radioterapia può essere effettuata a contatto con le placche di rutenio 106 ovvero con le placche di iodio 125, in questo caso si parla di brachiterapia. La radioterapia può essere, inoltre, effettuata dall’esterno (teleterapia) mediante la radioterapia con protoni accelerati.
Quali sono allora le indicazioni al trattamento? Partiamo prima di tutto dalle lesioni della corioretina di piccole dimensioni la cui diagnosi nevo/melanoma è incerta. Necessario effettuare una osservazione stretta del paziente avendo in mente le caratteristiche cliniche più spesso associate alla crescita, che sono raggruppate nella dicitura: “To Find Small Ocular Melanoma – Diameter” (TFSOM-DIAM), con questo significato (Shields 2019):

  • T: thickness - spessore superiore a 2mm
  • F: fluid - liquido sottoretinico
  • S: symptoms - presenza di sintomi
  • O: orange pigment - pigmento arancio
  • M: melanoma acoustic hallowness – vacuolo acustico ecografica
  • DIM: diameter >5 mm – diametro maggiore a 5mm.
Fig. 3 Nevo con fattori di rischio: pigmento orange, distacco del neuroepitelio (riduzione visus).

L’associazione di più di uno di questi fattori di rischio, con particolare riferimento al pigmento orange e alla presenza di fluido sottoretinico (associato alla riduzione del visus) impongono una particolare attenzione nel follow-up del paziente (fig. 3).
Qualora poi la diagnosi di melanoma sia stabilita, le indicazioni al trattamento sono (partendo dalle lesioni più piccole per arrivare a quelle di maggiori dimensioni):
radioterapia con placche di rutenio per melanomi della media periferia, equatore e periferia retinica distanti oltre 3 mm dalla papilla ottica e dalla macula con spessore inferiore ai 5 mm con diametro massimo di 15 mm;

  • termoterapia transpupillare (TTT): è realizzata attraverso un laser a diodi di 810nm associato ad una placca di rutenio per effettuare un trattamento a “sandwich”. La TTT tratta la superficie della lesione, la placca di rutenio la base della lesione considerando anche la sclera, molto spesso interessata da infiltrazione di cellule tumorali, potendo in questo modo ridurre l’intensità della dose di radioterapia. Questo trattamento può essere attuato nel caso di tumori alla media periferia di spessore inferiore ai 5 mm;
    radioterapia con placche di iodio 125 hanno le stesse indicazioni delle placche di Rutenio, ma possono arrivare a trattare melanomi di spessore fino a 7-8 mm di spessore con diametro massimo di 15-18 mm;
  • la radioterapia con placche a contatto (fig. 4) – rutenio o iodio – prevede un intervento chirurgico in anestesia generale per la localizzazione del melanoma sulla superficie della sclera dove posizionare la placca radioattiva mediante la transilluminazione transpupillare e l’oftalmoscopia binoculare indiretta. La placca radioattiva viene lasciata nell’occhio per un tempo stabilito da calcoli di dosimetria effettuati dal fisico sanitario e dal radioterapista, con cui è necessario sviluppare una particolare collaborazione; successivamente viene effettuato un secondo intervento (in anestesia generale o in anestesia locale assistita) per la asportazione della placca radioattiva e per effettuare il prelievo di materiale tumorale dalla lesione (dall’esterno transclerale ovvero ab interno transretinico) per la diagnosi cito-istologica e per la determinazione delle alterazioni molecolari dei cromosomi come indicatori di rischio metastatico (American Brachytherapy Society 2014);
  • teleterapia (ab esterno) mediante l'acceleratore di protoni: si utilizzano generalmente protoni accelerati prodotti da un ciclotrone. Il fascio è molto collimato e in grado di cedere tutta la dose terapeutica sul bersaglio alla profondità voluta. La caratteristica principale, pertanto, rispetto ad una terapia a raggi X, è la possibilità di concentrare la dose sul bersaglio fornendo poco o nulla alle strutture sane attigue e, dunque, la possibilità di usare dosi ben maggiori. Il metodo di lavoro prevede due fasi: la fase oculistica per il centraggio del tumore e la fase di radioterapia per il trattamento del tumore con i protoni (Egger 1997).
Fig. 4a, 4b Placche di Rutenio e placca di Iodio.

La prima fase oculistica prevede il “centraggio” della lesione sulla superficie oculare mediante l’inserimento di 4-5 clips radiopache di tantalio sulla superficie sclerale; questo intervento è simile a quello effettuato per l’applicazione delle placche radioattive, viene eseguito in anestesia generale e utilizza la transilluminazione transpupillare e l’oftalomoscopia binoculare indiretta per la delimitazione della zona tumorale (non è necessario l’asportazione delle clips di tantalio dopo la radioterapia essendo queste inattive) (fig. 5).

Fig. 5a, 5b Clip di tantalio e intervento di applicazione delle clip sulla sclera.

Seconda fase del trattamento

Nella seconda fase, quella del trattamento radioterapico, il paziente si reca al centro di radioterapia per eseguire il trattamento con protoni. I centri principali di radioterapia con protoni sono pochi in Europa: a Nizza in Francia il Centre Lacassagne Cyclotron Biomedical, il centro a sud di Parigi presso Orasy, il PSI di Villingen in Svizzera, il centro inglese di Clatterbridge, i due centri tedeschi a Berlino ed Essen e in Italia il centro di Catania presso Laboratori Nazionali del Sud. In particolare i centri di Nizza, Orsay e Villingen sono quelli che si sono sviluppati dalla fine degli anni 80 inizio anni 90 e che hanno il maggior numero di pazienti affetti da tumore oculare trattati (oltre 6000 occhi trattati per ciascun centro). Dalla fine del 2016 è partito anche il centro CNAO di Pavia che adotta un sistema diverso dagli altri centri, sincrotrone, per il trattamento del melanoma oculare. Ad oggi sono stati curati poche decine di melanomi e certamente è necessario un congruo periodo di sviluppo prima di arrivare ad un trattamento che possa garantire uno standard di risultati paragonabile a quello degli altri centri europei (Hrbacek 2016).
Il trattamento con protoni si sviluppa in una settimana con due prove di simulazione e 4 sedute di trattamento con una dose di 60 Gy erogata in 15-30 secondi per seduta.
Storicamente è da considerare anche la gamma knife (radioterapia ab esterno con cobalto) per tumori al polo posteriore di media grandezza, per casi molto particolari e selezionati.

Il trattamento radicale prevede l’asportazione chirurgica del tumore mediante:

  • iridectomia o iridociclectomia per tumori ciliari-iridociliari con diametro non > a 1 quadrante;
  • ciclectomia - coroido-ciclectomia o coroidectomia per tutti i casi in cui la radioterapia è ritenuta non sufficiente (in alternativa all'enucleazione), associata comunque all'applicazione di una placca di rutenio a fine intervento per sterilizzare l’area della resezione chirurgica;
  • enucleazione: tumori di grande dimensione (spessore > 10-15 mm e diametro > 15-20 ) o in situazioni particolari, con la ricostruzione della cavità anoftalmica mediante apposizione di protesi di materiale plastico avvolta da sclera umana su cui poter posizionare i 4 muscoli retti per garantire il movimento della protesi esterna;
  • exenteratio dell’orbita per situazioni molto rare e particolari di melanomi con sviluppo esofitico con erosione sclerale e infiltrazione dell'orbita.

È indicato inviare i pazienti affetti da tumore oculare o sospetto
tale presso centri di oncologia oculare con particolare e consolidata esperienza, proprio perché in questi centri è più facile effettuare l’inquadramento, la diagnosi e la terapia di tale patologia.

Tutti i pazienti devono effettuare la stadiazione della malattia mediante esami ematochimici, TAC total body ed ecotomografia epatica, rappresentando il fegato il luogo privilegiato di localizzazione secondaria delle cellule del melanoma. Tali esami devono essere inviati per competenza al medico specialista oncologo per il follow-up; l’oculista deve seguire regolarmente il paziente – in media ogni sei mesi – per verificare l’evoluzione del quadro clinico.
In considerazione della rarità del melanoma e dei tumori oculari, della complessità della “gestione” del paziente, è indicato inviare i pazienti affetti da tumore oculare o sospetto tale presso centri di oncologia oculare con particolare e consolidata esperienza, proprio perché in questi centri è più facile effettuare l’inquadramento, la diagnosi e la terapia di tale patologia.

Bibliografia:1. The American Brachytherapy Society consensus guidelines for plaque brachytherapy of uveal melanoma and retinoblastoma. American Brachytherapy Society – Ophthalmic Oncology Task Force. Electronic address: paulfinger@eyecancer.com; ABS – OOTF Committee. Brachytherapy. 2014 Jan-Feb;13(1):1-14. 2. Results of proton radiotherapy for uveal melanomas. Egger E et coll, Zografos L, Munkel G, Böhringer T, Bercher L, Chamot L. Front Radiat Ther Oncol. 1997;30:111-22. 3. Uveal Melanoma Biopsy: A Review. Frizziero L, Midena E, Trainiti S, Londei D, Bonaldi L, Bini S, Parrozzani R. Cancers (Basel). 2019 Jul 30;11(8) 4. Practice Patterns Analysis of Ocular Proton Therapy Centers: The International OPTIC Survey. Hrbacek J, Mishra KK, Kacperek A, Dendale R, Nauraye C, Auger M, Herault J, Daftari IK, Trofimov AV, Shih HA, Chen YL, Denker A, Heufelder J, Horwacik T, Swakoń J, Hoehr C, Duzenli C, Pica A, Goudjil F, Mazal A, Thariat J, Weber DC. Int J Radiat Oncol Biol Phys. 2016 May 1;95(1):336-43. 5. Choroidal nevus transformation into melanoma per millimeter increment in thickness using multimodal imaging in 2355 cases: The 2019 Wendell L. Hughes Lecture. Shields CL, Dalvin LA, Yu MD, Ancona-Lezama D, Di Nicola M, Williams BK, Lucio-Alvarez JA, Ang SM, Maloney SM, Welch RJ, Shields JA. Retina. 2019 Oct;39(10):1852-186