Vitreolisi farmacologica

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Nuove frontiere nel trattamento delle sindromi dell’interfaccia vitreoretinica: la vitreolisi farmacologica

Il concetto di vitreolisi farmacologica è stato introdotto per la prima volta da Sebag nel 1998, quando per primo definì “agenti vitreolitici” quelle sostanze in grado di “alterare l’organizzazione molecolare del vitreo, con l’intento di ridurre o eliminare il suo ruolo patologico in determinate condizioni oculari”. Tali condizioni derivano nella maggior parte dei casi da un anomalo distacco posteriore di vitreo (DPV) a livello maculare e comprendono le trazioni vitreomaculari (TVM) idiopatiche e quelle associate ad altre alterazioni retiniche (pucker maculare, foro maculare, distacco retinico maculare, edema maculare cistoide, edema maculare diabetico), configurando il quadro di sindrome da TVM. Dai primi studi di Sebag ad oggi, numerose sostanze vitreolitiche sono state studiate. Esse possono essere suddivise in enzimatiche o non-enzimatiche, in base al meccanismo d’azione. La maggior parte appartengono al primo gruppo e includono plasmina, ocriplasmina, tPA (Attivatore tissutale del plasminogeno), condroitinasi, nattochinasi, dispasi e ialuronidasi. Gli agenti non-enzimatici includono Vitreosolve e il peptide Arginina-Glicina-Aspartato (RGP-pepitde).

PLASMINIA

La plasmina è l’agente vitreolitico più ampiamente studiato. Si tratta di una serin-proteasi non specifica con un ruolo critico nella fibrinolisi. Per le sue caratteristiche enzimatiche è considerato un buon agente vitreolitico, in quanto è in grado di determinare contemporaneamente liquefazione vitreale (sinchisi) e separazione del vitreo dalla retina (sineresi). Tuttavia si tratta di un enzima estremamente instabile, a causa della sua rapida inattivazione ed eliminazione.

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Fig.1 Classificazione delle patologie vitreoretiniche associate ad anomalo distacco posteriore di vitreo. Da Stalmans et al. Retina. 2013.

 

OCRIPLASMINIA

L’ocriplasmina, anche nota come microplasmina, è un prodotto di ricombinazione della plasmina, sostanzialmente composto dal solo dominio catalitico dell’enzima, che riconosce tra i suoi target la fibronectina e la laminina, le proteine chiave dell’interfaccia vitreoretinica. È formata da 2 catene polipeptidiche costitutite rispettivamente da 19 e 230 aminoacidi, unite da legami disofluro. I vantaggi rispetto alla plasmina includono:

  1. dimensioni ridotte (1/4 rispetto alla plasmina, 22 KDa versus 88 KDa), che permettono miglior penetrazione nel vitreo e nei tessuti epiretinici;
  2. miglior sterilità e minor rischio di contaminazione microbiologica (prodotta in laboratorio);
  3. minori costi di produzione;
  4. maggior stabilità biochimica.

È stato osservato che l’ocriplasmina determina vitreolisi e DPV in modo dose-dipendente. La maggior parte delle evidenze cliniche sull’efficacia e la farmacocinetica dell’ocriplasmina derivano da una serie di trial clinici collettivamente chiamati “Microplasmin for IntraVitreous Injection- Tractional Release without Surgical Treatment” (MIVI-TRUST). Il farmaco è somministrato tramite iniezione intravitreale alla dose minima efficace di 0.125 mg in 0.1 mL. Studi di fase III (MIVI-TRUST VI e MIVI-TRUST VII), randomizzati, in doppio cieco, hanno dimostrato la sicurezza e l’efficacia di una singola dose di ocriplasmina in pazienti affetti da adesioni vitreomaculari.
Un totale di 652 pazienti (652 occhi) sono stati randomizzati per ricevere una singola dose di ocriplasmina oppure il veicolo (iniezione senza principio attivo) e seguiti per 6 mesi dopo il trattamento. La percentuale di risoluzione della adesione vitreomaculare è stata significativamente superiore nel gruppo ocriplasmina (26.5% dei soggetti) rispetto al gruppo veicolo (10.1% dei soggetti) (p<0.001). Inoltre gli studi hanno dimostrato che l’effetto dell’ocriplasmina è ridotto in pazienti affetti da membrane epiretiniche o adesioni vitreomaculari superiori a 1500 μm di diametro.
Sulla base delle evidenze cliniche degli studi descritti, nel corso dell’ultimo anno il farmaco è entrato in commercio ed è attualmente in corso lo studio di Fase IV (post-marketing), nel quale la nostra clinica oculistica è direttamente coinvolta. Si tratta di uno studio multicentrico, prospettico, singolo-braccio, in aperto, volto a determinare l’efficacia dell’ocriplasmina in soggetti trattati con una singola iniezione intravitreale di farmaco. In questa fase sono coinvolti 400 pazienti affetti da TVM, arruolati in tutto il mondo, in 90 centri di 11 nazioni (Europa e Canada).
I requisiti per partecipare allo studio (criteri di inclusione) sono:

  • età superiore a 18 anni;
  • diagnosi di adesione vitreomaculare con evidenza di TVM allo SD-OCT;
  • sottoscrizione di consenso informato;
  • Tra i criteri di esclusione più importanti rientrano invece:
  • presenza di membrana epiretinica (pucker maculare);
  • TVM molto estese (diametro > 1500 μm);
  • foro maculare ampio (diametro > 400 μm);
  • miopia elevata (> 8D);
  • altre condizioni oculari concomitanti (infezioni, pregressa vitrectomia, afachia, emovitreo, retinopatia diabetica proliferante, occlusioni venose retiniche, degenerazione maculare legata all’età essudativa…).

Lo studio prevede una visita di screening pre iniezione (baseline) e quattro visite a 7, 28, 90 e 180 giorni post iniezione. Nel corso di questi controlli il paziente è sottoposto ad una visita oculistica completa, con compilazione di questionari relativi alla qualità visiva, e ad esecuzione di uno SD-OCT. La possibilità di ottenere una risoluzione della TVM con rischi ridotti rispetto alla chirurgia tradizionale (vitrectomia con peeling) è il razionale che spinge il medico in questa fase a proporre il trattamento in pazienti che rientrino nei criteri di eleggibilità del protocollo, senza peraltro escludere la possibilità di ricorrere all’intervento chirurgico in un secondo tempo qualora il farmaco non dovesse risultare efficace. Gli obiettivi di questa fase sono confermare la sicurezza del farmaco, corroborare l’evidenza clinica su un numero più ampio di pazienti ed individuare le caratteristiche della patologia in base alle quali ci si possa attendere il massimo beneficio dal trattemento.

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Fig. 2 Caso clinico: paziente affetto da trazione vitreomaculare (A), sottoposto ad iniezione intravitreale di Ocriplasmina con risoluzione del quadro clinico dopo 3 mesi dal trattamento (B).

In conclusione, l’ocriplasmina sembra al momento realizzare al meglio il concetto di vitreolisi farmacologica, per molti anni e da molti ricercatori studiato e interpretato attraverso varie molecole. I dati forniti dai trial clinici fin qui condotti sono incoraggianti e il farmaco è già disponibile in commercio. In futuro l’utilizzo di terapie farmacologiche intravitreali combinate potrebbe portare all’estensione dell’indicazione anche in pazienti affetti da altre patologie maculari diffuse nella popolazione (degenerazione maculare legata all’età o edema maculare diabetico).