Farmaci antiossidanti del cristallino: modello di studio e novità

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cristallino

Di seguito proponiamo un sunto della relazione che il prof. Filippo Drago, Docente di Farmacologia Clinica presso la Facoltà di Medicina
e Chirurgia dell’Università di Catania, ha tenuto durante il XX Congresso dell’Associazione Italiana di Chirurgia della Cataratta (AICCER).

La cataratta è una patologia multi-fattoriale caratterizzata da progressiva perdita di trasparenza del cristallino, e rappresenta una delle cause più frequenti di cecità e disabilità, in particolare nei paesi in via di sviluppo. Viene classificata in 3 forme sulla base della causa di insorgenza: cataratta correlata all’età, cataratta congenita e cataratta secondaria ad altre cause (per esempio iatrogena).
La cataratta correlata all’età rappresenta la forma più frequente nell’adulto.
Fattori di rischio includono, oltre all’invecchiamento, il diabete, il fumo di tabacco, l’esposizione prolungata alla luce solare e l’alcolismo.
Attualmente l’unico trattamento efficace è rappresentato dall’intervento chirurgico di rimozione del cristallino opaco, con sostituzione tramite impianto di una lente artificiale. Nonostante il miglioramento delle tecniche chirurgiche e l’avanzamento tecnologico, l’outcome dipende ancora dalle valutazioni pre-operatorie, da una quanto più precisa gradazione della lente intraoculare e da un’appropriata gestione intra e post-operatoria.
La prevenzione della formazione della cataratta tramite l’uso di terapie farmacologiche rappresenta, pertanto, un’area di grande interesse per la ricerca.
L’aumentata produzione di radicali dell’ossigeno (ROS), tipica dell’invecchiamento, rappresenta lo stimolo per l’innesco della cascata neurodegenerativa di patologie come l’Alzheimer (Alzheimer disease, AD) e la degenerazione maculare legata all’età (age-related macular degeneration, AMD). Lo stress ossidativo è stato riconosciuto, inoltre, come uno dei processi fondamentali nella catarattogenesi. Nonostante queste patologie abbiano una patogenesi differente, diversi studi hanno dimostrato la presenza di danni ossidativi simili, come la presenza di fibre di Aβ associate a ROS nelle placche amiloidi tipiche dell’AD ma presenti anche nella retina dei soggetti con AMD e nella cataratta.
Poiché lo stress ossidativo è stato riconosciuto come uno dei processi fondamentali della neurodegenerazione e della catarattogenesi, un ampio numero di molecole anti-ossidanti è stato valutato in numerosi studi. Alcune di queste molecole hanno mostrato un’efficacia clinica limitata nell’AMD, e non ci sono molti dati clinici sull’uso nell’AD e nella cataratta.
Gli studi di pre-clinica per valutare l’effetto anti-ossidante sono stati condotti utilizzando diversi modelli sperimentali in vitro: SRA-1 human lens epithelium cells, hLECs, ARPE-19 human retinal pigmented epithelial cells, RPEs, human hippocampal astrocytes, HA-hs rispettivamente come modelli di cataratta, AMD e AD.
Inoltre, diversi composti sono stati valutati anche in modelli in vivo: modello di cataratta animale da radiazione ionizzante, modello da radiazione UV e modello di cataratta secondaria a diabete. In quest’ultimo modello, l’eccesso di glucosio causa accumulo di sorbitolo nel cristallino con conseguente stress osmotico intra-cellulare, danno alle membrane del reticolo endoplasmatico e produzione di ROS. L’enzima responsabile della trasformazione del glucosio in sorbitolo è l’aldoso reduttasi (AR), pertanto sono stati sviluppati inibitori enzimatici (Aldose reductase inhibitors, ARI) con possibile ruolo nella prevenzione della formazione della cataratta. In particolare, una formulazione topica di KinostatTM (un ARI) ha dimostrato di essere efficace nel ridurre l’insorgenza e rallentare la progressione della cataratta in cani affetti da diabete di nuova diagnosi. Il farmaco è stato approvato per l’uso veterinario dalla Food and Drug Administration (FDA), e sarà studiato per l’eventuale utilizzo sull’uomo.
Lo sviluppo di molecole in grado di arrestare lo sviluppo della cataratta è di fondamentale importanza, poiché potrà fornire un’alternativa meno invasiva all’unica possibilità di trattamento ad oggi disponibile, che, seppur efficace nella maggior parte dei casi, rappresenta comunque un rischio per il paziente.

Prof. Filippo Drago

Riferimenti bibliografici

  1. YC Liu et al. Lancet. 2017 Feb 23.
  2. Jin Het al. J MedChem. 2010 Feb 11.
  3. Kador PF et al. VetOphthalmol. 2010 Nov