OPTOS California: la vera rivoluzione nella retinografia

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retinografia
Fig.1.1 Fondo oculare con uveite posteriore, catturata con Optos California a 200° con metodologia a colore composito. Sovrapposte, nell’ordine, immagini aneritre ottenute con altro device a 120°, 55° e 30°. Cortesia di Prof. Giuseppe Querques e Prof. Francesco Bandello, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano.

Introduzione

Storicamente, l’imaging della periferia retinica è sempre stato di difficile visualizzazione; solo i recenti sviluppi tecnologici hanno consentito una migliore acquisizione della periferia del fondo oculare. Dal 1995 sono state sviluppate delle tecniche di angiografia a grandangolo (con un’estensione di 160°) che si basavano sull’uso di lenti a contatto con la superficie oculare (1).
Queste tecnologie si scontravano con diversi limiti, che spaziavano dall’invasività della metodica alla scarsa risoluzione; includevano inoltre la difficoltà di illuminare il fondo oculare, le ridotte capacità di visualizzazione angiografica e il fatto di non poter acquisire l’autofluorescenza a gran campo (fino a 200°) del fondo oculare.
Sono state messe a punto in seconda battuta metodiche non invasive, che consentissero di catturare fotografie standard del fondo dell’occhio e non implicassero l’utilizzo di lenti a contatto. Pur avendo migliorato questo aspetto, le successive opzioni per l’imaging a gran campo non permettevano acquisizioni in tempo reale. È proprio questo il tipo di immagini su cui si basa lo studio retinico e coroideale per mezzo di coloranti, che sono rispettivamente la fluoresceina (FA) e il verde indocianina (ICG).
A partire dal 2005 il campo della retinografia ha fatto enormi passi avanti con un susseguirsi di innovazioni, fino a raggiungere la visualizzazione a 200° del fondo oculare grazie alla tecnologia Optos California.
L’imaging retinico ultra-widefield introdotto da Optos è di grandissimo aiuto per diagnosticare, analizzare, documentare e monitorare patologie oculari che possono esordire proprio nella periferia retinica. Una lesione localizzata in una zona di difficile esplorazione corre il grosso rischio di sfuggire all’indagine tramite metodiche tradizionali (3).
Il principale vantaggio della tecnologia Optos è la capacità di catturare la più ampia porzione possibile del fondo oculare in un’unica immagine, comprendendo in essa anche la periferia retinica superiore e inferiore. Questo strumento può individuare un’eventuale lesione iniziale sviluppatasi eccentricamente, permettendo la diagnosi e di conseguenza il trattamento più precoce possibile. Inoltre, il California ha la capacità di mostrare quanto effettivamente una patologia retinica si estenda fino alla più lontana periferia, garantendo un migliore inquadramento diagnostico del paziente.
Per le sue caratteristiche lo strumento California è assolutamente unico, e per questo nemmeno comparabile con altri devices analoghi.
L’Optos California è un oftalmoscopio laser a scansione che permette di catturare immagini dal polo centrale fino all’estrema periferia della retina grazie all’ultra-widefield; è molto intuitivo per il paziente e permette di acquisire velocemente immagini retiniche in modo semplice e non invasivo: non è necessaria né la depressione sclerale né il contatto con la cornea. Addirittura nell’utilizzo del California non si rende necessaria la midriasi farmacologica: uno dei vantaggi della tecnologia Optos è la capacità di operare attraverso un diametro pupillare minimo, corrispondente a una minusa di 2 mm. Non solo: questo strumento consente un imaging ad alta risoluzione nonostante eventuali opacità del cristallino, quali possono essere quelle date dalla presenza di vari tipi di cataratta (4).
Questo strumento consente un ampio utilizzo grazie alla nuova metodica di imaging a gran campo, includendo anche acquisizioni in angiografia al verde indocianina, con colore composito, immagini aneritre, in autofluorescenza (AF) e in angiografia con fluoresceina. Le varie immagini catturate in modalità differente (composite a colori e aneritre, AF, FA o immagini ICG) possono in un secondo momento essere confrontate tra loro grazie alla sovrapposizione delle

immagini.
Le differenti modalità di acquisizione delle immagini sono possibili grazie alle diverse luci laser integrate nello strumento.
Nello specifico, l’autofluorescenza è stimolata da luce laser verde che illumina il fondo dell’occhio: si otterrà in questo modo un’immagine della fluorescenza naturale del fondo oculare, senza che venga iniettato alcun tipo di colorante. Per quanto riguarda le immagini in fluorangiografia, invece, lo strumento sfrutta il laser blu per indagare la vascolarizzazione retinica in presenza di fluoresceina, iniettata endovena: non appena questa scorre all’interno dei vasi retinici l’operatore cattura una serie di immagini, che risulteranno ad alta definizione e a gran campo. Nell’angiografia al verde indocianina le immagini vengono acquisite utilizzando la lunghezza d’onda infrarossa, ideale per mostrare i dettagli del sistema vascolare della coroide.
È chiaro quanto sia importante questo strumento per la valutazione e il follow-up del paziente che presenti lesioni in quelle sedi difficilmente accessibili se non con lampada a fessura, la metodica tradizionale per indagare il fondo oculare, limitata da un’ampia variabilità operatore dipendente.
Le immagini catturate ad alta definizione anche nella più lontana periferia sono molto dettagliate grazie all’ultra-widefield, che permette di indagare fino all’82% della retina per un’estensione complessiva di 200°. Il California è in grado di visualizzare la retina per il 50% in più rispetto ad altri devices di imaging convenzionali (fig. 1.1) (5).

Fig.1.1 Fondo oculare con uveite posteriore, catturata con Optos California a 200° con metodologia a colore composito. Sovrapposte, nell’ordine, immagini aneritre ottenute con altro device a 120°, 55° e 30°. Cortesia di Prof. Giuseppe Querques e Prof. Francesco Bandello, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano.
Fig.1.1 Fondo oculare con uveite posteriore, catturata con Optos California a 200° con metodologia a colore composito. Sovrapposte, nell’ordine, immagini aneritre ottenute con altro device a 120°, 55° e 30°. Cortesia di Prof. Giuseppe Querques e Prof. Francesco Bandello, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano.

Questo strumento è fondamentale per lo studio di patologie vascolari retiniche che presentino un’importante componente periferica: la retinopatia diabetica, le occlusioni venose o arteriose retiniche, le distrofie e maculopatie.
Altre patologie che possono estendersi oltre i confini indagati dalle metodiche tradizionali, e che beneficiano quindi del monitoraggio tramite l’Optos California, sono la retinopatia da anemia falciforme, lesioni coroideali che includono tumori, distacchi di retina, retinopatia del prematuro e uveiti (figg. 1.2, 1.3, 1.4).

Fig.1.2 Retinografia acquisita con Optos California con evidenza di aree di atrofia della coroide e dell’epitelio pigmentato retinico (RPE) compatibili con diagnosi di coroideremia. Cortesia di Prof. Giuseppe Querques e Prof. Francesco Bandello, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano.
Fig.1.2 Retinografia acquisita con Optos California con evidenza di aree di atrofia della coroide e dell’epitelio pigmentato retinico (RPE) compatibili con diagnosi di coroideremia. Cortesia di Prof. Giuseppe Querques e Prof. Francesco Bandello, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano.
Fig.1.3 Retinografia acquisita con Optos California, con evidenza di esiti di trattamento laser ed emorragie retiniche localizzate principalmente al livello del quadrante supero-esterno, compatibili con diagnosi di occlusione venosa di branca.
Fig.1.3 Retinografia acquisita con Optos California, con evidenza di esiti di trattamento laser ed emorragie retiniche localizzate principalmente al livello del quadrante supero-esterno, compatibili con diagnosi di occlusione venosa di branca.
Fig.1.4 Immagine acquisita con Optos California con evidenza di microaneurismi ed emorragiole, compatibili con diagnosi di retinopatia diabetica.

Con il California, Optos ha incorporato nuove tecnologie hardware e software consentendo un incremento quantitativo e qualitativo dell’imaging, del monitoraggio, dell’inquadramento diagnostico e, in definitiva, del trattamento nella sua totalità.
Bibliografia

  1. Spaide RF, Orlock DA, Herrmann-Delemazure B, et al. Wideangle indocyanine green angiography. Retina, 1998.
  2. Colin S et al. Measuring the precise area of peripheral retinal non-perfusion using ultra-widefield imaging and its correlation with the ischaemic index. Br J Ophthalmol, 2015.
  3. Wessel MM, Aaker GD, Parlitsis G, et al. Ultra-wide-field angiography improves the detection and classification of diabetic retinopathy. Retina, 2012.
  4. Klufas MA, Yannuzzi NA et al. Feasibility and clinical utility of ultra-widefield indocyanine green angiography. Retina, 2015.
  5. Witmer MT, Parlitsis G, Patel S, et al. Comparison of ultra-widefield fluorescein angiography with the Heidelberg Spectralis® noncontact ultra-widefield module versus the Optos® Optomap®. Clin Ophthalmol 2013.