Continua l’approfondimento iniziato sul precedente post di Eye Doctor a proposito della riforma dei criteri di tassazione dei liberi professionisti.
La fiscalità della cessione del marchio
Al tema della tassazione separata in combinazione con il principio di onnicomprensività dei redditi percepiti dal professionista, si collega la disciplina della vendita del marchio. Rifacendoci al testo normativo, per effetto del principio di onnicomprensività, rientrano tra i compensi del libero professionista o eventualmente dello studio associato anche i corrispettivi e le somme percepite a fronte della vendita di altri elementi immateriali comunque riferiti all'attività libero professionale, in cui la dottrina fa rientrare anche il marchio. Pertanto, il corrispettivo derivante della cessione del marchio rientra nel reddito da lavoratore autonomo per il libero professionista o l’associazione professionale e può vedere applicata la previsione dell'articolo 17, appena analizzata, a condizione che, ovviamente, il corrispettivo sia pagato entro lo stesso periodo di imposta. Nel caso invece di pagamento rateale, la tassazione subirà le regole ordinarie.
Lato acquirente, rimanendo in tema marchi e acquisti di pacchetti pazienti (il classico avviamento dello studio), il costo sarà deducibile in 5 annualità.
La disciplina fiscale delle cessioni di contratti di leasing
Altro aspetto che è stato finalmente chiarito attiene alla cessione dei contratti di leasing, fenomeno che si verifica sempre più sovente anche in virtù della ormai completa diffusione dello strumento come modalità di acquisto di determinati beni strumentali.
Nello specifico, viene previsto che in caso di cessione del contratto di leasing che abbia a oggetto beni mobili o beni immobili, formerà reddito la differenza tra il valore normale del bene e la somma del prezzo di riscatto più i canoni ancora da pagare attualizzati però alla data di cessione. Nel caso di beni immobili si dovrà scorporare il valore collegato al terreno.
Una precisazione sul valore normale: questo è il prezzo mediamente praticato per beni di specie simili, in condizione di libera concorrenza, al medesimo stadio di commercializzazione e nel tempo e nel luogo in cui i beni sono acquisiti. Di fatto, per valore normale, si intende essenzialmente il valore di mercato di un determinato bene, ricavabile facendo riferimento per quanto possibile ai listini o alle tariffe dei beni usati.

L’irrilevanza e l’indeducibilità dei costi riaddebitati ai collaboratori
Un ulteriore aspetto che è stato oggetto di modifica nell'articolo 54 è collegato all’inserimento nella normativa tributaria di una tesi dell'Agenzia delle Entrate, proposta a più riprese in passato (vedasi due circolari rispettivamente del 2001 e del 2010), applicata poi in numerosi controlli. Nello specifico viene stabilita la totale irrilevanza:
- delle somme che vengono percepite dal libero professionista oculista o dallo studio associato, a fronte del riaddebito ad altri colleghi, delle spese sostenute ad esempio per il telefono, per l'energia elettrica, per la segreteria, per l'utilizzo in comune di immobili destinati per l'esercizio delle attività professionali;
- dei medesimi costi sostenuti e riaddebitati.
In buona sostanza, si rende norma il pensiero dell'Agenzia delle Entrate che vede da un lato non tassati e dall'altro lato indeducibili le spese collegate al riaddebito di servizi ai collaboratori. Argomentazione che, durante i controlli fiscali, è stata più volte sostenuta dall'Agenzia delle Entrate per cercare di recuperare gettito in tutti quei casi in cui il collaboratore professionista svolgeva un'attività nello studio dell'oculista fatturando direttamente ai propri pazienti e non svolgendo una mera attività di collaborazione. Purtroppo però abbiamo assistito anche ad utilizzi distorti di questa interpretazione dell'Agenzia (ora norma…!): anche nei casi in cui i collaboratori non fatturavano direttamente ai pazienti ma all'oculista principale o allo studio associato (i quali poi a loro volta rifatturavano al paziente finale), veniva applicata questa tesi con l'effetto di rendere indeducibili una quota dei costi generali di struttura tra cui, ad esempio, il costo del personale di segreteria e delle assistenti alla poltrona utilizzate dal collaboratore, i costi collegati all'immobile come i canoni di locazione e le spese collegate ai consumi energetici.

Non tassati i rimborsi spese addebitate analiticamente in fattura
Un altro aspetto che è stato introdotto nel nuovo articolo 54 del TUIR è la irrilevanza delle somme percepite a titolo di rimborso delle spese sostenute dal professionista a fronte dell'incarico professionale e addebitate in modo analitico al cliente finale. È un caso abbastanza raro in ambito oculistico, fatto salvo quelle fattispecie in cui l’oculista svolge attività di formazione per enti, società scientifiche o società commerciali oculistiche. In questo caso, quando il professionista, oltre a pagare con modalità tracciata si trova anche ad addebitare in fattura in modalità analitica, cioè indicando in modo puntuale i costi che ha sostenuto, le spese di vitto e di alloggio non saranno oggetto di tassazione.
Collegato al tema dei rimborsi spese per le trasferte irrilevanti fiscalmente, se riaddebitati analiticamente al cliente finale, si innesta una nuova disciplina relativa alle perdite su crediti, mutuata direttamente dal reddito d'impresa. Nello specifico, se il cliente finale non dovesse rimborsare le spese addebitate in modo analitico, per evitare che queste non siano deducibili per il professionista, viene introdotta la possibilità portare a perdita il credito deducendola. Condizione per l’applicazione di questa disposizione è l’assoggettamento del cliente a uno degli istituti di regolazione della crisi e dell'insolvenza disciplinati dal Codice della crisi, o a procedure equivalenti, oppure a fronte di una procedura esecutiva intrapresa nei confronti del cliente finale rimasta infruttuosa, o ancora, quando il diritto a riscuotere il credito risulti essere prescritto. Inoltre, per evitare il proliferare di cause su importi relativamente rilevanti, per gli addebiti analitici di modesta entità, cioè non superiori a 2.500 euro, è possibile procedere con la deduzione integrale se, entro un anno dalla loro rifatturazione, il cliente non procede al rimborso. La deduzione avverrà nell’esercizio in cui scade il periodo annuale di riferimento.
Chiarezza sulle modalità di ammortamento delle spese di manutenzione straordinaria di immobili ad uso studio
Un altro aspetto che è stato innovato dal D.Lgs 192 del 2024 è la gestione delle spese di manutenzione degli immobili, tema che in passato non aveva una definizione così lineare e prestava il fianco a possibili interpretazioni restrittive anche dell'Agenzia delle Entrate in termini di deducibilità per il professionista o per lo studio associato. Nello specifico, viene previsto che le spese relative all’ammodernamento, alla ristrutturazione e alla manutenzione straordinaria dei beni immobili saranno deducibili in ammortamento in quote costanti nel periodo di imposta, quindi nell'anno fiscale in cui sono sostenute, e nei cinque anni successivi (in buona sostanza, in sei annualità). Ovviamente se l'immobile fosse adibito a uso promiscuo, ossia parzialmente adibito ad abitazione personale, queste spese sarebbero deducibili sempre con lo stesso criterio temporale di ripartizione temporale ma al 50%. Le spese di manutenzione ordinaria invece saranno deducibili, ossia scaricabili nell'anno di sostenimento, sempre con la riduzione al 50% se l'immobile è adibito a uso promiscuo.
Detto che la norma fa riferimento alla distinzione tra spese di manutenzione ordinaria e manutenzione straordinaria, nell'articolo 54 quinquies non vi è una definizione puntuale: occorre rifarsi alla relazione illustrativa dello schema di Decreto legislativo 192/2024 che rimanda alle nozioni di interventi edilizi contenuti nel cosiddetto “Testo Unico dell'edilizia” (DPR 380/2001) all'articolo 3 comma 1 lettera a) e b). Per manutenzione straordinaria si intendono essenzialmente opere e modifiche che permettono il rinnovo o la sostituzione di parti anche strutturali degli edifici, nonché la realizzazione e l'integrazione di servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva dell'edificio e non comportino mutamenti urbanistici rilevanti alla destinazione d'uso dell'edificio stesso. Mentre per manutenzione ordinaria si intendono gli interventi edilizi che riguardano opere di riparazione, di rinnovamento, la sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie a integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.