L’elettrofisiologia della visione e i disordini neurodegenerativi

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Elettrofisiologia della Visione

L'ISCEV, la Società Internazionale per l’Elettrofisiologia della Visione, fu fondata nel 1958 allo scopo di diffondere le linee guida per una corretta esecuzione degli esami elettrofunzionali e per dettare gli standard di calibrazione poiché sin da subito fu avvertita l’esigenza di confrontare i risultati tra laboratori differenti.

Il sito web della Società consente di condividere i dettagli della metodica con aggiornamenti costanti, anticipando così le più moderne piattaforme open source. Tuttavia, trasparenza ed uniformità nelle procedure non sono ancora riuscite a ridurre la sensibilità insita nella metodica, che per questo resta ancora operatore-dipendente.

L’elevata sensibilità di una tecnica diagnostica si accompagna sempre ad una bassa specificità, per questo uno studio elettrofunzionale ben fatto richiede conoscenza dei vari algoritmi, i quali vanno applicati sulla base del quesito diagnostico e correttamente interpretati nel contesto clinico. Le imprese costruttrici stanno compiendo notevoli sforzi per semplificare le procedure, ma la curva di apprendimento dell’oculista elettrofisiologo resta ancora piuttosto lunga.

La modesta diffusione dell’elettrofisiologia nella pratica clinica, specie se confrontata con esami decisamente più utilizzati come campo visivo (VF) e tomografia ottica a luce coerente (OCT), dipende proprio da questi due fattori: elevata sensibilità e tecnica operatore-dipendente.

Probabilmente per questo motivo la maggior parte delle linee guida, come ad esempio quelle sul glaucoma, non prevedono ancora test elettrofunzionali. Fanno eccezione gli ERG multifocali, che, insieme alla autofluorescenza, sono presenti nelle raccomandazioni della American Academy per lo screening della maculopatia da idrossiclorochina (archiviando finalmente il poco sensibile elettroculogramma) (1).

In sintesi l’elettrofisiologia della visione è paragonabile ad un “elettrocardiogramma” dell’apparato visivo. Seguendo il percorso che compie il potenziale d’azione, dai fotorecettori alle cellule piramidali della corteccia visiva, l’elettrofisiologia della visione è in grado di documentare lo stato funzionale di retina esterna (fotorecettori e bipolari), retina interna (cellule retiniche gangliari) e vie ottiche nei suoi tratti, prechiasmatico, chiasmatico e retrochiasmatico.

L’indicazione più frequente dell’elettrofisiologia è il deficit visivo non giustificato dalla obiettività clinica. Ma l’elettrofisiologia offre molto di più. E’ un vero e proprio osservatorio che permette di assistere ai fenomeni fisiopatologici alla base delle malattie oftalmologiche.

Diagnosi di glaucoma

La diagnosi di glaucoma rappresenta una delle principali sfide per l’oculista. Infatti, se si escludono i casi conclamati, a volte la certezza diagnostica richiede tempo, indispensabile per documentare le tipiche modificazioni della papilla ottica da correlare al danno perimetrico.

Giova a tal proposito ricordare che nel glaucoma gli algoritmi diagnostici non dovrebbero partire dalla valutazione del tono oculare, bensì dall’osservazione della papilla ottica e dei suoi cambiamenti nel tempo. D’altra parte si rischia di distogliere l’attenzione dalla vera sede della malattia, ovvero le cellule retiniche gangliari (RGC).

Ad esempio un elettrofisiologo vi dirà che più che una otticopatia, il glaucoma mostra i segni elettrofunzionali di una malattia neuroftalmologica che colpisce la retina interna. Valutare il glaucoma dal punto di vista elettrofunzionale significa cioè assistere alla disfunzione (rarefazione di dendriti e sinapsi), prima ancora della apoptosi dei neuroni retinici (lisi del pirenoforo e del relativo assone).

In natura, la fisiologica perdita RGC, che si verifica con l’avanzare dell’età, viene compensata dalla ridondanza, di cui tali cellule sono particolarmente dotate (2). E’ noto, infatti, che i neuroni retinici superstiti ampliano il loro campo recettivo supplendo l’attività di quelli mancanti, e questo adattamento potrebbe spiegare il divario che spesso osserviamo tra struttura e funzione.

Per questo a volte il campo visivo mostra danni più contenuti rispetto all’assottigliamento della rima neurale. Ma l’elettrofisiologia è in grado di evidenziare la disfunzione che precede l’apoptosi RGC, anticipando quindi sia la struttura, intesa come modifiche della papilla e riduzione di spessore delle fibre, sia la funzione, ovvero la comparsa di un danno perimetrico.

Ciò significa che l’elettrofisiologia può vantare un ruolo di primato nella diagnosi precoce del glaucoma, ma anche questo concetto è riduttivo.

L’elettrofisiologia in realtà è in grado di chiarire la reale natura del glaucoma sospetto quando consente di escludere i casi che non mostrano segni di disfunzione retinica interna. Si potrà infatti discutere sul metodo, ma non sull’equazione glaucoma uguale disfunzione retinica interna. Ne consegue che alcune condizioni “dubbie”, come accentuata escavazione della papilla ottica (magalopapilla), ipertono oculare e sospetto glaucoma normobarico andrebbero approfondite mediante esami elettrofunzionali prima di sciogliere la riserva diagnostica.

La modesta diffusione dell’elettrofisiologia nella pratica clinica, specie se confrontata con esami decisamente più utilizzati come campo visivo (VF) e tomografia ottica a luce coerente (OCT), dipende proprio da questi due fattori: elevata sensibilità e tecnica operatore-dipendente

Elettroretinogramma da pattern (PERG)

L’accuratezza diagnostica dell'elettroretinogramma da pattern (PERG) in questo campo è ampiamente documentata in letteratura, ma vanno fatte alcune precisazioni.

Esistono due tipi di PERG, uno più noto definito transiente, che adotta uno stimolo lento, l’altro poco utilizzato, definito steady-state che prevede uno stimolo veloce. Quest’ultimo richiede un elevato dispendio energetico, e per questo è molto più efficace nell’evidenziare la disfunzione dei neuroni retinici. I PERG steady-state rappresentano cioè uno stress-test, una prova da sforzo per i neuroni retinici, costretti ad “inseguire” uno stimolo veloce (3).

L’ampiezza della risposta è espressione quantitativa della popolazione gangliare, pertanto può risultare ridotta per malattia (glaucoma) o molto più banalmente per un fisiologico processo di invecchiamento. In altre parole un anziano potrebbe mostrare PERG di ridotta ampiezza, ma ciò non implica che sia affetto da glaucoma.

Ma come individuare la disfunzione che precede l’apoptosi, la quale contraddistingue la condizione patologica rispetto ad un processo fisiologico? I normativi corretti per l’età non sempre sono in grado di risolvere questo dilemma.

Da anni stiamo lavorando ad una procedura che, mediante i PERG steady-state, non si limita a documentare il ridotto numero RGC (ridotte ampiezze), ma rileva la disfunzione che precede l’apoptosi. Abbiamo quindi ipotizzato che la capacità dei neuroni retinici di inseguire lo stimolo può essere valutata attraverso lo studio del ritardo di fase.

Tali neuroni inseguono uno stimolo fino a sincronizzarsi con esso, e lo fanno con un ritardo costante quando sono sani oppure con un ritardo variabile quando sono in disfunzione. Ripetendo in rapida successione cinque sessioni PERG steady-state, si ottengono altrettanti valori di fase. La deviazione standard dei 5 valori di fase così ottenuti è quindi molto ridotta in condizioni di normalità oppure elevata in presenza di disfunzione della retina interna come avviene nel glaucoma (4).

Abbiamo chiamato la nostra procedura RE-PERG in quanto si tratta di un test-retest del PERG steady-state allo scopo di ottenere, come abbiamo visto, 5 valori di ampiezza e fase.

Si tratta di un esame di breve durata (3 minuti) e per nulla invasivo, in quanto prevede l’applicazione di innocui elettrodi adesivi sulle palpebre inferiori. Rispetto ad altre procedure, i RE-PERG introducono questo nuovo parametro, variabilità intrinseca di fase, che, diversamente dall’ampiezza, non risente delle cause non specifiche di alterazione del segnale.

In sintesi la nostra procedura contiene un algoritmo che consente di valutare la specificità dell’ampiezza potendo così individuare i falsi positivi. Abbiamo infatti dimostrato che i RE-PERG non risentono del deterioramento dell’ottica o della miopia elevata e che la ridotta ampiezza del PERG assume caratteristiche di specificità quando ad essa si accompagna una elevata variabilità intrinseca di fase (5,6).

In altre parole la riduzione di ampiezza dei PERG per cause non specifiche non è da ricondurre a disfunzione retinica interna fino a quando non si osserva una patologica variabilità intrinseca di fase. Per rimanere nell’esempio di prima, i PERG di un soggetto anziano mostrano ridotte ampiezze perché il numero dei neuroni retinici è fisiologicamente ridotto, ma le cellule superstiti performano bene, cioè inseguono correttamente lo stimolo, per questo la variabilità intrinseca di fase, sulla base delle nostre ipotesi, risulterà fisiologica nonostante le ridotte ampiezze.

La disfunzione retinica interna, che i RE-PERG sono capaci di evidenziare, non si osserva solo nel glaucoma, ma anche nei disordini neurodegenerativi come sclerosi multipla, malattia di Parkinson e di Alzheimer. L’occhio, come “finestra sul cervello”, negli ultimi tempi attira l’attenzione di numerosi ricercatori poiché è l’estensione diencefalica del cervello, facilmente raggiungibile dall’esterno.

Accuratezza diagnostica dei RE-PERG
nel morbo di Alzheimer

In collaborazione con centri Alzheimer abbiamo voluto testare l’accuratezza diagnostica dei RE-PERG in questa malattia. Abbiamo quindi esaminato soggetti cognitivamente ancora apparentemente normali affetti da demenza iniziale legata alla malattia di Alzheimer (AD n.17), demenza vascolare (VD n.16) ed anziani di pari età (NC n.19). Al fine di escludere la presenza di glaucoma, tutti i soggetti sono stati sottoposti a visita oculistica completa, VF, OCT e RE-PERG.

Lo studio è stato condotto in doppio cieco, pertanto falsi e veri positivi/negativi sono stati valutati a fine trial ignorando la reale condizione del soggetto esaminato. L’ampiezza dei PERG non consentiva di discriminare AD vs VD, leggermente ridotta in entrambi i gruppi, mentre la variabilità intrinseca di fase è risultata significativamente elevata nel gruppo AD rispetto a VD (p<0.001) e NC (p<0.001). L’accuratezza diagnostica è risultata essere pari al 81.6% [(TP+TN)/(TN+TP+FN+FP)], la specificità del 77.8% [TN/(TN+FP)] e la sensibilità dell’85% [TP/(TP/FN)] (7).

Altri autori hanno valutato i disordini neurodegenerativi attraverso il sistema nervoso visivo perlopiù affidandosi alla misurazione OCT degli spessori retinici, notoriamente ridotti in queste malattie (8). All’atto pratico, i vantaggi di un approccio rispetto ad un altro non risiedono tanto nell’accuratezza diagnostica, quanto nella sensibilità al cambiamento di una metodica d’esame per poter valutare, in futuro, gli effetti di una terapia sperimentale.

La sensibilità al cambiamento dei RE-PERG è tale che in tempi molto brevi, a volte anche di poche settimane, è possibile valutare gli effetti ad esempio di una terapia sperimentale sulla performance retinica interna.

Purtroppo la retina interna è suscettibile anche agli effetti di alcuni psicofarmaci che ne deprimono la performance. Alcuni antidepressivi, come paroxetina, citalopram e valproato, riducono le ampiezze della risposta retinica interna allo stimolo, mentre altri, come litio e benzodiazepine non lo fanno. Non è sufficiente quindi avere chiaro il quadro clinico del soggetto in esame, è indispensabile indagare bene in anamnesi.

Di fatto avere consapevolezza dei limiti di una procedura diagnostica è una premessa indispensabile per poterne sfruttare a pieno i vantaggi, ma questa è una regola che vale per tutte le tecniche, non solo per gli esami elettrofunzionali.

La disfunzione retinica interna è una condizione presente in numerose patologie oftalmologiche. Qui abbiamo visto ad esempio che glaucoma e patologie neurodegenerative, come la malattia di Alzheimer, possono indifferentemente alterare i PERG.

E’ vero anche che è alquanto improbabile osservare PERG perfettamente normali in presenza di disfunzione della retina interna, qualunque ne sia la causa. Naturalmente la diagnosi differenziale sarà su base clinica.

Nonostante le promettenti potenzialità, la nostra tecnica necessita di ulteriori studi e conferme da parte di altri laboratori su una più ampia popolazione di pazienti.

Glaucoma ed Alzheimer sembrano avere numerosi aspetti in comune, probabilmente la disfunzione retinica interna potrà aiutare a comprendere meglio entrambe le patologie.

L’indicazione più frequente dell’elettrofisiologia è il deficit visivo non giustificato dalla obiettività clinica. Ma l’elettrofisiologia offre molto di più. È un vero e proprio osservatorio che permette di assistere ai fenomeni fisiopatologici alla base delle malattie oftalmologiche.

Bibliografia:
  1. Marmor, M. F., Kellner, U., Lai, T. Y., Lyons, J. S., & Mieler, W. F. Revised recommendations on screening for chloroquine and hydroxychloroquine retinopathy. Ophthalmology, 2011; 118(2), 415-422,
  2. Balasubramanian, V., & Sterling, P. Receptive fields and functional architecture in the retina. The Journal of physiology, 2009; 587(12), 2753-2767
  3. V. Porciatti and L. M. Ventura, “Adaptive changes of inner retina function in response to sustained pattern stimulation,” Vision Research, vol. 49, no. 5, pp. 505–513, 2009
  4. Mavilio, A., Scrimieri, F., & Errico, D.. Can variability of pattern ERG signal help to detect retinal ganglion cells dysfunction in glaucomatous eyes?. BioMed research international, 2015.
  5. Mavilio, A., Sisto, D., Ferreri, P., Cardascia, N., & Alessio, G.. RE-PERG, a new procedure for electrophysiologic diagnosis of glaucoma that may improve PERG specificity. Clinical Ophthalmology 2017, 11, 209
  6. Mavilio, A., Sisto, D., Ferreri, P., Dammacco, R., & Alessio, G.. RE-PERG, a new paradigm for glaucoma diagnosis, in myopic eyes. Clinical Ophthalmology 2019;13, 1315
  7. Mavilio, A., Sisto, D., Prete, F., Guadalupi,V., Dammacco, R. & Alessio, G. RE-PERG in early-onset Alzheimer’s disease: A double-blind, electrophysiological pilot study PloS One 2020 (in press)
  8. Parisi V, Restuccia R, Fattapposta F, et al. Morphological and functional retinal impairment in Alzheimer’s disease patients. Clin Neurophysiol. 2001 Oct;112(10):1860-7