Fellowship in USA

La giovane collega Maria Vittoria Cicinelli in virtù della sua esperienza di formazione ultraspecialistica per la retina medica e le uveiti, cosiddetta fellowship, a Chicago ci espone le catteristiche del sistema assistenziale in USA, della formazione medica e della gestione clinica dei pazienti. La sua crescita professionale si è arricchita ulteriormente della componente umana per via della concomitante pandemia da Covid e delle coincidenti forti tensioni sociali derivate dall'inosservanza dei diritti naturali dell'uomo. È evidenziato piacevolmente, inoltre, il forte rapporto di mentorship che si instaura abitualmente fra precettori e giovani in training.

Il contributo del giovane collega Federico Corvi ci permette di conoscere l'esperienza maturata dalla partecipazione ad un programma di fellowship internazionale in California sulla retina medica, comprendente attività clinica, didattica e di ricerca. La coincidenza con la pandemia SARS-CoV-2 gli ha permesso di essere partecipe delle ripercussioni non solo sulla vita quotidiana, ma anche sulla gestione dei pazienti e sulla formazione clinica del personale sanitario.

Danilo Mazzacane

 

Fellowship negli Stati Uniti: l'esperienza di due giovani medici italiani

Ad aprile del 2019 mi è stata offerta la possibilità di trascorrere un anno di formazione ultraspecialistica - cosiddetta fellowship - negli Stati Uniti, per approfondire il campo della retina medica e delle uveiti. Appena ricevuta l’approvazione dal reparto ospitante e i documenti per il visto, sono partita alla volta di Chicago, in Illinois.

Da gennaio a dicembre 2020, ho frequentato il reparto di oculistica della Northwestern University, parte di un grande complesso ospedaliero nel centro di Chicago, il Northwestern Memorial Hospital. Essendo un ospedale accademico, ho potuto apprezzare le similarità e le differenze con il sistema sanitario italiano, sia in termini di cura del paziente sia in termini di formazione universitaria.

Il sistema assistenziale

Contrariamente all’Italia, in cui il sistema sanitario è di gestione pubblica ed universale, gli Stati Uniti offrono un sistema assistenziale di natura privatistica, in cui il singolo individuo (o famiglia) stipula un contratto di copertura sanitaria con una compagnia assicurativa.
Le compagnie assicurative forniscono una copertura sanitaria differente a seconda della polizza sottoscritta; più alto è il premio assicurativo, più flessibili sono i limiti di copertura finanziaria. Dopo una quota fissa a carico del paziente (co-pay), l’assicurazione copre tutte le spese sanitarie che superano un determinato limite (deductible), che è invece a carico del paziente (out-of-pocket). Vi è un tetto massimo di spese out-of-pocket che il paziente paga all’anno, oltre il quale provvede l’assicurazione.

Le compagnie assicurative garantiscono la copertura sanitaria esclusivamente per gli ospedali e le strutture comprese nel proprio circuito; perciò, la scelta del luogo di cura e dello specialista curante da parte del paziente dipende largamente dalle condizioni assicurative di cui gode.

Le compagnie assicurative esercitano limitazioni più o meno stringenti sui tipi di trattamenti erogati e sui farmaci rimborsati. Ad esempio, alcune assicurazioni coprono l’aflibercept intravitreale per la degenerazione maculare legata all’età, altre invece includono esclusivamente il bevacizumab e rimborsano altre molecole solo dopo la comprovata inefficacia di quest’ultimo. Alcune compagnie rimborsano gli steroidi intraoculari a lento rilascio solo per l'edema diabetico, altre invece ammettono soltanto gli inibitori del VEGF. Infine, mentre gli antimetaboliti vengono generalmente rimborsati a tutti i pazienti affetti da uveite, per i farmaci biologici è necessaria una specifica approvazione. Sono possibili alcune eccezioni, ma queste richiedono un documento formale da parte del medico supportato da una adeguata letteratura scientifica.

I dati aggiornati stimano che circa il 75% dei cittadini americani sia coperto da un’assicurazione sanitaria. In alcuni casi, la copertura sanitaria è fornita dal datore di lavoro. La restante parte della popolazione non dotata di una polizza assistenziale dovrebbe in teoria coprire personalmente le spese sanitarie, che facilmente raggiungono le decine di migliaia di dollari in caso di interventi chirurgici o ricoveri ospedalieri (una vitrectomia per un distacco di retina costa dai 5.000 ai 7.000 dollari, vedasi tabella 1) (1,2). Esistono dei programmi assistenziali pubblici volti a garantire le fasce sociali più vulnerabili. Nello specifico, il Medicaid, introdotto nel 1965, è un programma federale sanitario in supporto di individui e famiglie a basso reddito che copre, a seconda del reddito dichiarato, una percentuale più o meno rilevante dei costi dell'assistenza sanitaria. Medicaid è gestito dai singoli Stati con un contributo federale che copre il 60% delle spese. I requisiti minimi per accedere a Medicaid sono stati recentemente ampliati dal presidente Barack Obama, insieme ad una serie di garanzie ed incentivi per uniformare la copertura sanitaria del Paese. Medicare, invece, è un programma finanziario federale che copre gli over 65 ed i disabili in modo universalistico, indipendentemente cioè dal reddito dichiarato dal cittadino. Nonostante l’indiscutibile sussidio finanziario, questi programmi finanziari sono ancora limitati per quanto riguarda l’assistenza oculistica. Medicare non copre le visite oculistiche di routine né l’esame della refrazione; vengono rimborsati un esame del fondo oculare all'anno nei pazienti diabetici, un campo visivo all'anno nei pazienti ad alto rischio di glaucoma, e l’intervento di cataratta con impianto di lente intraoculare monofocale. Le terapie intravitreali nei pazienti affetti da degenerazione maculare legata all’età di tipo essudativo e nei pazienti diabetici prevedono una partecipazione da parte del paziente al 20% dei costi (3), una cifra insostenibile per chi riceve ranibizumab, aflibercept, o impianto di dexametasone a lento rilascio.

Tab. 1 Costi stimati per diverse procedure in caso di distacco di retina in regime ospedaliero. [Chang JS, Smiddy WE. Cost-effectiveness of retinal detachment repair. Ophthalmology. 2014;121(4):946-951. doi:10.1016/j.ophtha.2013.11.003]

La formazione medica

In un ospedale accademico come il Northwestern Memorial Hospital, si incontrano diverse figure, molto diverse per età e livello di formazione. Fra queste, i più giovani sono i cosiddetti “pre-med”, ovvero ragazzi che hanno terminato la scuola superiore e che cercano esperienze di ricerca e/o di volontariato propedeutiche per entrare nelle più ambite facoltà di medicina. Seguono gli studenti di medicina e gli interns, ovvero giovani neolaureati che svolgono un anno di rotazione obbligatoria nel tronco comune (PGY-1 o Post-Graduate Year-1) prima di entrare nella scuola di specialità prescelta (residency).

La scuola di specializzazione in oculistica dura 3 anni e gli specializzandi (residents) hanno una fitta attività clinica (fra rotazioni e reperibilità diurne e notturne), chirurgica e didattica. Durante il training, gli specializzandi sono sempre supervisionati da un medico specialista (attendant). Dopo il conseguimento del titolo, alcuni studenti proseguono per un periodo di formazione ultra-specialistica, detto fellowship, per approfondire una specifica branca di interesse. Le fellowship in cornea, glaucoma, neuroftalmologia, uveiti, oftalmoplastica e oftalmologia pediatrica durano un anno, quella in vitreoretina dura due anni, e spesso comprende retina medica, retina chirurgica, oltre a oncologia oculare. I fellows hanno una relativa indipendenza nella gestione medica e chirurgica dei pazienti ma le loro attività sono sempre validate dall’attendant di riferimento. I fellows hanno un ruolo di formazione ed insegnamento nei confronti degli studenti di medicina e degli specializzandi e sono responsabili di uno/due progetti di ricerca da completare nel corso del loro training.

Dopo la fellowship, i neospecialisti, sulla base del proprio orientamento e sulle occasioni disponibili, optano fra il proseguire la carriera accademica o lavorare esclusivamente in attività privata. La carriera accademica offre un continuo stimolo intellettuale; espone a casi rari e complicati; incentiva la didattica e l’interazione multidisciplinare; permette l’utilizzo dei più avanzati strumenti clinici e di ricerca. Tuttavia, chi prosegue nella carriera accademica deve rispettare requisiti piuttosto rigidi, come il numero di pubblicazioni annuali, il numero di grant vinti, e la costante dedizione all’insegnamento medico e chirurgico dei residents e dei fellows. D’altra parte, l’attività privata è più flessibile e, in genere, garantisce guadagni più cospicui con un numero di ore di lavoro globalmente inferiore rispetto al mondo accademico.

La gestione clinica dei pazienti

La gestione dei pazienti afferenti alla clinica di retina e di uveiti si discosta leggermente da quella italiana. I pazienti vengono inviati dal medico di base (primary care pratictioner) o da altri specialisti mediante un sistema di referrals. In una minore parte dei casi, i pazienti prenotano autonomamente visite o prestazioni. L’attività clinica giornaliera per ciascun attendant varia fra le 20 e 50 visite oculistiche; l’efficienza nel gestire una tale mole di pazienti è garantita da una perfetta collaborazione fra personale medico e personale tecnico. Essa consente al personale medico di concentrarsi specificamente su ciò che concerne il proprio ambito (laser, iniezioni, o attività chirurgica), ottimizzando l’utilizzo delle competenze e la qualità del servizio fornito.

Nel dettaglio, i pazienti vengono accolti da un assistente (technician), formato specificatamente, che si occupa della misurazione della acuità visiva, della risposta pupillare e del tono oculare. L’esame della refrazione viene considerato una prestazione aggiuntiva (spesso a pagamento) e viene eseguito da technician o da optometristi (optometrist). Il resident o il fellow eseguono la vera e propria visita oculistica, ordinano e refertano gli esami strumentali, suggeriscono le conclusioni diagnostiche e l’approccio terapeutico. L’attendant conferma le raccomandazioni del fellow o le modifica a seconda dei casi.

La mia esperienza

Per un anno, ho lavorato come international fellow in retina medica ed uveiti, collaborando strettamente con i dottori Lee M. Jampol, Amani Fawzi e Debra Goldstein, partecipando attivamente all’iter diagnostico e alla discussione di ciascun caso. I principali punti di forza di tale fellowship sono stati la considerevole esposizione clinica alle diverse patologie degenerative, vascolari e infiammatorie della retina; la cospicua partecipazione a congressi e corsi di aggiornamento; la solida attività di insegnamento da parte dei precettori. La mia routine settimanale prevedeva un incontro ogni lunedì mattina, in cui venivano esaminati i casi clinici più interessanti della settimana precedente; attività clinica ambulatoriale la mattina e il pomeriggio di lunedì, martedì, mercoledì e giovedì; discussione di casi clinici (grand rounds) e attività di ricerca il venerdì. Ogni primo mercoledì del mese era prevista una imaging conference congiunta fra il servizio di retina e quello di uveiti per discutere i casi clinici irrisolti.

Il 2020 è stato un anno indubbiamente difficile. Forti restrizioni sono state messe in atto per la pandemia di SARS Covid-19 anche al Northwestern Memorial Hospital. La clinica oculistica ha lavorato a regimi ridotti per alcuni mesi (marzo, aprile e maggio), accettando soltanto visite urgenti e selezionando i pazienti da sottoporre alle terapie intravitreali (4). A partire da giugno, la clinica è stata riaperta a circa l’80% del volume normale, per garantire il distanziamento sociale, l’appropriata sanificazione degli ambienti e ridurre le attese negli spazi comuni. Alla pandemia, si sono aggiunte le forti tensioni sociali legate all’omicidio di George Floyd da parte di un poliziotto, che hanno determinato ulteriori giorni di sospensione delle attività (5).

Nonostante tali difficoltà, i miei mentori non sono stati soltanto esperti maestri di oftalmologia, ma veri e propri promotori del mio sviluppo personale e professionale. Sono state guide entusiaste, umili, rispettose, sempre disponibili a condividere conoscenze e disposti ad esplorare nuove ipotesi. Mi hanno insegnato a perseguire gli obiettivi con determinazione, che l’impegno e la qualità ripagano sempre, e un buon lavoro si ottiene solo con tanto impegno e dedizione.

In conclusione, il sistema sanitario americano presenta vantaggi e svantaggi che da un lato garantiscono alti standard di cura, dall’altro favoriscono le classi sociali più abbienti a svantaggio delle categorie più vulnerabili. Il sistema di formazione ha una struttura rigida e definita, che permette allo studente di maturare competenze del campo dell’oftalmologia e di raggiungere una piena indipendenza clinico-chirurgica al termine della fellowship. Il panorama accademico americano eccelle per il forte rapporto di mentorship che si instaura fra precettori e giovani in training. Ricorderò per sempre i dottori Jampol, Fawzi e Goldstein con infinita gratitudine e riconoscenza.

Maria Vittoria Cicinelli

 

Il 2020 è stato per me un anno con significati speciali; ha segnato l'inizio di un nuovo decennio, un tempo per nuove esperienze e grandi sogni. Mi sono specializzato in Oftalmologia presso l’Università Statale di Milano a novembre 2019 e subito ho avuto la possibilità di intraprendere un percorso di formazione in retina medica con un programma di fellowship internazionale presso il Jules Stein Eye Institute, Department of Ophthalmology, David Geffen School of Medicine at UCLA e al Doheny Eye Institute a Los Angeles in California sotto la guida del professor SriniVas Sadda. Il mio desiderio era quello di migliorare le mie conoscenze nel campo della retina medica, un interesse che ho maturato già durante gli ultimi anni del corso di laurea in medicina con il professor Querques e che ho poi ulteriormente approfondito durante il corso di specializzazione in oftalmologia sotto la guida del professor Staurenghi. Così come avviene in altre branche della medicina, anche l’oftalmologia è infatti al giorno d’oggi molto settorializzata e per un giovane medico è sempre più importante confrontare la propria esperienza e le proprie conoscenze con realtà sanitarie e culturali differenti dalla propria, così da poter ampliare i propri orizzonti culturali e conoscitivi. Ho dunque avuto la possibilità di osservare da vicino il sistema sanitario e di formazione specialistica americano e di evidenziarne le differenze con quelli italiani.

Dal punto di vista economico – così come avviene per altre specialità mediche – non viene garantita una copertura sanitaria globale, ma la possibilità di cura dipende dalla disponibilità finanziaria e dalla copertura assicurativa del singolo individuo, e la spesa sanitaria non è sempre alla portata di tutti. D’altro canto il sistema di istruzione è altamente organizzato e strutturato in modo da garantire una formazione medica e specialistica di alto livello. Ogni struttura ospedaliera universitaria offre un differente programma di formazione ed è sottoposta ad un ranking nazionale che consente al medico specializzando di accedere a tale programma di formazione sulla base di una selezione prettamente meritocratica; vengono infatti valutati i titoli di studio e le specifiche competenze del singolo candidato. In questo contesto il mio programma di formazione in qualità di fellow si compone di attività clinica, attività didattica e di ricerca nel campo della retina medica. La mia personale esperienza presso il UCLA Doheny Eye Institute è stata però fortemente influenzata dalla grande pandemia SARS-CoV-2 che ha cambiato - come ovunque nel mondo - il nostro modo di vivere e di lavorare. Ci sono state infatti importanti ripercussioni dal punto di vista della gestione dei pazienti e della formazione clinica del personale sanitario. I pazienti seguiti per la diagnosi e la cura di patologie retiniche come la degenerazione maculare senile vengono tutti sottoposti a screening telefonico per valutare il rischio di Covid-19 in base a sintomatologia influenzale come interessamento delle vie respiratorie superiori, febbre o esposizione a potenziali contatti Covid-positivi.

Il rischio viene poi differenziato in tre livelli: basso, moderato o alto in accordo con le linee guida dei centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) e in base a tale rischio viene deciso se consentire l’accesso o meno alla struttura. Per accedere agli ambulatori è fatto obbligo ai pazienti di indossare la mascherina che deve essere mantenuta per tutta la durata della visita. Viene inoltre eseguita la misurazione della temperatura corporea al fine di indentificare eventuali pazienti con stati febbrili ed interdire loro l’accesso alle strutture. Gli eventuali accompagnatori non possono essere presenti durante la visita e non vengono fatti accedere alla struttura se non per particolari esigenze del paziente (disabilità fisica o cognitiva ecc). I tempi di attesa sono ridotti al minimo e ogni paziente viene visitato nella propria stanza senza che abbia contatti con altri individui presenti in struttura. Le sale d'esame, le sedie e tutti gli strumenti vengono sanificati al termine di ogni visita. Tutto il personale, medico e tecnico, indossa mascherine protettive e igienizza le mani prima e dopo ogni esame, limitando la conversazione con il paziente agli elementi essenziali e mantenendo una distanza di sicurezza di 6 piedi quando la vicinanza al paziente non è richiesta dall'esame o dalla procedura che si sta effettuando. Per limitare ulteriormente gli spostamenti del paziente dalla propria abitazione alla clinica e all’interno della struttura stessa, tutti i soggetti che necessitano di trattamenti intravitreali vengono sottoposti alla procedura nella stanza visita dove sono collocati subito dopo l’esecuzione dell’esame OCT o FAG. Per quel che concerne invece l’attività di ricerca e di didattica, al fine di garantire la sicurezza individuale mantenendo alti standard di attività di ricerca, l’istituto ha trasferito parte della attività a distanza e ha pianificato riunioni virtuali, seminari, lezioni, presentazioni di casi clinici e conferenze online al fine di usare tutti i mezzi a nostra disposizione per la formazione e la produzione scientifica. Ad oggi, dopo quasi un anno dall’inizio del mio programma formativo, posso dirmi soddisfatto dell’esperienza vissuta, che mi ha permesso di aprirmi a nuove realtà, implementare le mie conoscenze dal punto di vista clinico e acquisire un bagaglio di esperienze che mi permetterà di svolgere in maniera migliore la mia attività di clinico e di ricercatore nel campo della retina medica.

Federico Corvi

Bibliografia:1. Chang JS, Smiddy WE. Cost-effectiveness of retinal detachment repair. Ophthalmology. 2014; 121: 946-951. 2. Elhusseiny AM, Yannuzzi NA, Smiddy WE. Cost Analysis of Pneumatic Retinopexy versus Pars Plana Vitrectomy for Rhegmatogenous Retinal Detachment. Ophthalmol Retina. 2019; 3: 956-961. 3. https://www.medicare.gov/coverage/macular-degeneration-tests-treatment#. 4. https://www.aao.org/covid-19. 5. https://en.wikipedia.org/wiki/George_Floyd_protests_in_Chicago.