Brinzolamide e timololo: efficacia, tollerabilità e sicurezza nella gestione del glaucoma

Il glaucoma rappresenta una delle principali cause di cecità irreversibile a livello globale e costituisce la seconda causa di cecità in Europa (1,2). Essendo una malattia cronica e progressiva, l’obiettivo cardine della gestione clinica è la prevenzione della perdita della funzione visiva e il mantenimento della qualità di vita del paziente. Questo traguardo viene raggiunto quasi esclusivamente mediante la riduzione della pressione intraoculare (PIO) (1). La prevalenza globale stimata del glaucoma ad angolo aperto (OAG) è del 3,5% nei soggetti tra i 40 e gli 80 anni, con un rischio che cresce in modo significativo con l’età (1,3). Per ogni paziente è quindi fondamentale definire un target pressorio individuale, da ricalibrare periodicamente nel corso del follow-up (1).

Strategie terapeutiche e aderenza

Le linee guida della Società Europea del Glaucoma sottolineano che tutte le classi di farmaci ipotonizzanti possono essere impiegate come prima linea di trattamento (1,4). Tra queste, gli analoghi delle prostaglandine sono generalmente raccomandati come opzione di riferimento per efficacia, con una riduzione della PIO mediamente compresa tra il 25% e il 35%. I beta-bloccanti e gli inibitori dell’anidrasi carbonica topici restano tuttavia cardini importanti della terapia (1). Il successo a lungo termine dipende non solo dall’efficacia ipotonizzante, ma anche dal profilo di tollerabilità, che condiziona aderenza e persistenza terapeutica (1,5,6). La non-aderenza al trattamento topico, che può raggiungere il 25–50% dei pazienti, rappresenta un ostacolo critico e spesso sottovalutato, favorito da effetti collaterali, costi e complessità del regime terapeutico (1,2,6). Ulteriore fattore limitante è la tossicità oculare associata ai conservanti, in particolare il benzalconio cloruro (BAC), che può favorire o peggiorare una patologia della superficie oculare (OSD) (1).

Brinzolamide e timololo: confronto sull’efficacia

In questo contesto, la comparazione diretta tra farmaci di largo impiego come timololo 0,5% e brinzolamide 1,0% si rivela particolarmente utile, soprattutto per chiarirne i vantaggi in termini di sicurezza e tollerabilità. Il timololo riduce la produzione di umor acqueo attraverso il blocco dei recettori β, con una riduzione della PIO mediamente del 20–25% (1,5). La brinzolamide, inibendo l’anidrasi carbonica II, riduce la formazione di bicarbonato e la secrezione di sodio e acqua, con una riduzione stimata tra il 15% e il 20% (≈18%) (4). Uno studio multicentrico a lungo termine (18 mesi) ha confrontato brinzolamide 1,0% (somministrata due volte/die e tre volte/die) con timololo 0,5% BID in pazienti con OAG o ipertensione oculare (OHT). I risultati hanno evidenziato che il timololo otteneva una riduzione media della PIO più marcata (4,7–5,6 mmHg) rispetto alla brinzolamide (2,7–3,9 mmHg), indipendentemente dallo schema posologico (5). Nonostante ciò, entrambi i farmaci hanno prodotto riduzioni clinicamente significative della PIO. In particolare, la brinzolamide somministrata due volte/die ha mostrato la stessa efficacia di quella somministrata tre volte/die, e la possibilità di ridurre il numero di instillazioni rappresenta un vantaggio importante per favorire aderenza e compliance terapeutica a lungo termine.

 

Brinzolamide e timololo: tollerabilità oculare e sicurezza sistemica e corneale

Il principale vantaggio della brinzolamide risiede nel suo miglior profilo di tollerabilità locale. In una analisi comparativa, l’incidenza di discomfort oculare, principalmente bruciore o pizzicore, è risultata più elevata con timololo (8,0%) rispetto a brinzolamide BID (3,3%) e TID (5,9%) (5). Il comfort associato alla brinzolamide è attribuito al pH più neutro della formulazione (circa 7,5), che risulta più vicino al pH fisiologico rispetto ad altri CAI come la dorzolamide (pH ≈5,5), spesso associata a maggiore irritazione oculare (7). Tra gli eventi avversi oculari della brinzolamide, i più frequenti sono risultati la visione offuscata (3–8%) e il dolore oculare (0,7–4,0%) (4). Questo profilo più favorevole, riducendo il discomfort locale, contribuisce a migliorare l’accettazione del trattamento e la persistenza nella terapia a lungo termine (5).

Un ulteriore elemento distintivo della brinzolamide è rappresentato dal suo profilo di sicurezza sistemica e corneale. Dal questo punto di vista infatti, la brinzolamide risulta priva degli effetti collaterali clinicamente significativi associati al timololo, che può indurre bradicardia, ipotensione, broncospasmo o peggioramento di patologie cardiovascolari (5). L’assorbimento sistemico della brinzolamide porta a un legame preferenziale agli eritrociti, con un’inibizione dell’anidrasi carbonica insufficiente a determinare effetti sistemici tipici dei CAI orali, come l’acidosi metabolica (5,7). L’evento avverso non oculare più comune, sebbene limitato, è risultato la disgeusia, riportata nel 3,3% dei casi in regime BID e nel 7,8% in regime TID (5). Per quanto riguarda la sicurezza corneale, nello studio a lungo termine non sono state osservate variazioni significative della densità delle cellule endoteliali né dello spessore corneale, indicando che la brinzolamide non ha effetti deleteri sulla funzione endoteliale, anche in pazienti con cornee potenzialmente compromesse (4,5,7).

Ruolo terapeutico

Sebbene il timololo resti un’opzione ipotonizzante efficace, il suo utilizzo è limitato dalle controindicazioni cardiovascolari e respiratorie. La brinzolamide rappresenta quindi un’alternativa utile, con un vantaggio di sicurezza e tollerabilità sia locale sia sistemica. Può essere impiegata come monoterapia di prima linea  oppure come terapia aggiuntiva, in particolare in combinazione con gli analoghi delle prostaglandine. È stato inoltre ipotizzato un potenziale effetto benefico sul flusso sanguigno oculare, aspetto di interesse per alcuni fenotipi glaucomatosi (4).

 

Bibliografia

  1. European Glaucoma Society. Terminology and Guidelines for Glaucoma, 5th edition. Savona, Italy: PubliComm; 2021. ISBN 978-88-98320-47-9.
  2. Curtis C, Lo E, Ooi L, Bennett L, Long J. Factors affecting compliance with eye drop therapy for glaucoma in a multicultural outpatient setting. Contemp Nurse. 2009;31(2):121-128. doi:10.5172/conu.673.31.2.121
  3. Dietlein TS, Jordan JF, Lüke C, Schild A, Dinslage S, Krieglstein GK. Self-application of single-use eyedrop containers in an elderly population: Comparisons with standard eyedrop bottle and with younger patients. Acta Ophthalmol. 2008;86(8):856-859. doi:10.1111/j.1755-3768.2007.01155.x
  4. Iester M. Brinzolamide Ophthalmic Suspension: A Review of Its Pharmacology and Use in the Treatment of Open Angle Glaucoma and Ocular Hypertension. Vol 2.; 2008.
  5. March WF, Ochsner KI. The Long-Term Safety and Efficacy of Brinzolamide 1.0% (Azopt) in Patients With Primary Open-Angle Glaucoma or Ocular Hypertension.; 2000.
  6. Robin A, Grover D. Compliance and adherence in glaucoma management. In: Indian Journal of Ophthalmology. Vol 59. 2011. doi:10.4103/0301-4738.73693
  7. Frost SC, McKenna R, eds. Carbonic Anhydrase: Mechanism, Regulation, Links to Disease, and Industrial Applications. Vol 75. Springer Netherlands; 2014. doi:10.1007/978-94-007-7359-2