La vitrectomia via pars plana (PPV) è la procedura di scelta per molte patologie del segmento posteriore (distacco di retina, foro maculare, membrana epiretinica, retinopatia diabetica proliferativa, ecc.). La formazione o progressione di cataratta dopo PPV è frequente soprattutto nei pazienti >50 anni; pertanto, il chirurgo oftalmologo deve spesso decidere se eseguire l’intervento per cataratta contestualmente alla vitrectomia oppure eseguire gli interventi separatamente.
La gestione della cataratta durante la chirurgia vitreoretinica pone gli oftalmologi di fronte a una decisione chirurgica cruciale: eseguire una facovitrectomia combinata (ovvero, facoemulsificazione con impianto di lente intraoculare e vitrectomia via pars plana nello stesso intervento) oppure procedure sequenziali (interventi eseguiti in due momenti distinti).
Questa scelta influisce non solo sui risultati chirurgici e sul rischio di complicanze, ma anche sui tempi di recupero del paziente, sui costi sanitari e, in generale, sulla sua qualità di vita.
Grazie ai progressi nei sistemi di vitrectomia a calibro ridotto (small-gauge) e al miglioramento delle tecniche di facoemulsificazione, la facovitrectomia combinata è diventata negli ultimi anni una procedura sempre più realizzabile e diffusa (1). Ciononostante, l'approccio chirurgico ideale è ancora oggetto di dibattito. Le nuove evidenze suggeriscono infatti che una corretta selezione del paziente e la valutazione dei fattori specifici della malattia sono essenziali per definire la strategia più appropriata.
Chirurgia combinata (facovitrectomia): vantaggi e limiti
L’approccio combinato riduce il numero di anestesie, accelera la riabilitazione visiva e migliora la visualizzazione intraoperatoria in presenza di cataratta significativa (8,9). È particolarmente indicato in distacco di retina e retinopatia diabetica proliferativa (10,11). Un vantaggio non trascurabile è quello economico, grazie alla riduzione dei costi diretti e indiretti legati a due procedure separate, comprese le giornate lavorative perse e le visite di follow-up (12).
I principali limiti riguardano una maggiore infiammazione postoperatoria, esiti refrattivi meno prevedibili e un rischio aumentato di edema maculare cistoide (CME), soprattutto in occhi operati per ERM (13,14). La determinazione del potere della IOL può risultare meno accurato, con potenziali insoddisfazioni refrattive nei pazienti più giovani o con elevate aspettative visive. Nonostante ciò, il tasso di complicanze gravi rimane basso (8). L’introduzione di tecniche avanzate come femtolaser e OCT intraoperatorio contribuisce a migliorare la precisione chirurgica e la sicurezza della procedura (15).
Chirurgia stadiata: razionale e indicazioni
La strategia sequenziale consente interventi più brevi e riduce i rischi legati a tempi chirurgici prolungati (16,17). Offre la possibilità di valutare l’esito della vitrectomia prima di procedere con la cataratta, opzione utile nei casi complessi come retinopatia diabetica proliferativa o maculopatie (18,19). Nei pazienti con AMD o iERM, eseguire prima la vitrectomia consente un calcolo IOL più accurato e una migliore previsione refrattiva (20).
Gli svantaggi principali sono la rapida progressione della cataratta post-PPV (68–80% entro due anni) (11), la necessità di due anestesie e ricoveri e un maggiore carico organizzativo e psicologico per il paziente. In alcuni casi, l’attesa della seconda procedura può comportare un periodo di ridotta acuità visiva che impatta sulla qualità di vita quotidiana, soprattutto nei pazienti ancora in età lavorativa.
Evidenze comparative
La facovitrectomia accelera la riabilitazione funzionale e consente una chirurgia vitreoretinica più agevole, ma è associata a una maggiore incidenza di complicanze infiammatorie e refrattive (21,22). La chirurgia sequenziale, pur richiedendo due procedure, garantisce in alcuni studi esiti visivi migliori a lungo termine e una percentuale più alta di pazienti soddisfatti dal punto di vista refrattivo (22). Il rischio di eventi severi come endoftalmite resta basso con entrambi gli approcci (23).
Diverse metanalisi hanno concluso che, nel complesso degli studi, la chirurgia combinata e quella sequenziale raggiungono generalmente esiti BCVA finali simili. (1,2). Questo dato suggerisce che, da una prospettiva di esito visivo a lungo termine, nessuno dei due approcci dimostra una chiara superiorità in tutte le popolazioni di pazienti.
Una metanalisi che ha esaminato popolazioni con foro maculare e membrana epiretinica non ha riscontrato differenze consistenti negli esiti visivi o refrattivi finali tra le strategie combinate e sequenziali. (3,4). Questa evidenza supporta l'idea che entrambi gli approcci chirurgici possano ripristinare la vista con successo se applicati in modo appropriato.
I dati sulle complicanze sottolineano l'importanza della selezione individualizzata del paziente. La chirurgia combinata sembra comporti un rischio maggiore di infiammazione precoce del segmento anteriore e complicanze correlate in alcune popolazioni (in particolare RDP con cataratta grave), pur riducendo potenzialmente il rischio di glaucoma neovascolare nella RDP(5,6). L'eterogeneità degli esiti riportati suggerisce che l'esperienza del chirurgo, i perfezionamenti tecnici e i fattori specifici del paziente giocano tutti ruoli importanti nel determinare il rischio di complicanze.
Un aspetto da non trascurare è la qualità di vita: gli interventi combinati riducono visite ospedaliere e tempi di recupero, con maggiore comodità per il paziente, mentre quelli sequenziali possono offrire risultati visivi più stabili e duraturi.
Fattori decisionali
La letteratura identifica diversi fattori che possono influenzare la scelta tra chirurgia combinata e sequenziale:
- Densità della cataratta e impatto sulla visualizzazione: Cataratte dense che compromettono significativamente la visualizzazione retinica favoriscono spesso la chirurgia combinata
- Urgenza della patologia vitreoretinica: Condizioni retiniche emergenti possono rendere necessaria una vitrectomia immediata, con o senza chirurgia della cataratta concomitante.
- Progressione prevista della cataratta: Condizioni note per accelerare la formazione della cataratta post-vitrectomia possono favorire a priori la chirurgia combinata.
- Fattori del paziente: Età, salute sistemica, rischio anestesiologico e preferenza del paziente rispetto a procedure multiple.
- Rischio infiammatorio: Condizioni con un'infiammazione basale elevata possono influenzare le decisioni sulla tempistica
La facovitrectomia è preferibile quando la cataratta compromette la visibilità intraoperatoria o quando multipli interventi comporterebbero rischi eccessivi (10,24). È anche una soluzione razionale nei pazienti anziani o fragili, per i quali ridurre le esposizioni anestesiologiche rappresenta un vantaggio. Viceversa, nei pazienti con elevate esigenze refrattive o patologia retinica lieve, la chirurgia stadiata può risultare più appropriata (9).
Un ulteriore elemento decisionale riguarda la scelta dell’OVD (Ophthalmic Viscosurgical Device) più adeguato al tipo di procedura. La corretta selezione del viscoelastico è essenziale per mantenere la profondità della camera anteriore, garantire una visibilità intraoperatoria ottimale e proteggere l’endotelio corneale, contribuendo alla sicurezza e all’efficacia dell’intervento.
La scelta accurata dell’OVD consente di migliorare la qualità della visualizzazione, ridurre i rischi per l’endotelio e ottimizzare la gestione intraoperatoria, contribuendo a un recupero visivo più rapido e sicuro.
Il counselling preoperatorio rimane essenziale per allineare aspettative del paziente ed esiti clinici attesi. La decisione deve essere individualizzata, basata su evidenze scientifiche, quadro clinico e preferenze del paziente, con l’obiettivo finale di ottimizzare la funzione visiva e la qualità di vita (25,26).
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