Dry Eye Disease: strategie per migliorare gli esiti clinici e la qualità di vita dei pazienti

Dry eye

La malattia dell’occhio secco (DED) è una patologia cronica e multifattoriale che compromette l’omeostasi del film lacrimale e della superficie oculare, causando discomfort, disturbi visivi e, nei casi più severi, danno corneale. Processi infiammatori, iperosmolarità e disfunzioni neurosensoriali concorrono a un circolo vizioso che perpetua la malattia, richiedendo una gestione mirata e personalizzata (1,2).

La DED rappresenta una delle condizioni più comuni nella pratica oftalmologica, con prevalenza variabile tra il 5% e il 50% a seconda di popolazione e criteri diagnostici. L’invecchiamento demografico e l’uso crescente dei dispositivi digitali ne stanno favorendo un incremento, con un impatto crescente in termini clinici e assistenziali (3,4). La malattia si classifica in due principali sottotipi: occhio secco da deficit acquoso (ADDE) ed evaporativo (EDE), quest’ultimo più frequente (2,5).

Fattori ambientali come aria condizionata e utilizzo prolungato di schermi aggravano i sintomi (6,7). La DED è inoltre associata a comorbidità quali patologie autoimmuni, diabete e sindromi da dolore cronico, che possono complicare il quadro clinico (8). Le donne risultano colpite in misura sproporzionata, con esordio più precoce e sintomi più severi (9). Anche il burden economico è rilevante, con costi diretti per i trattamenti e indiretti per la perdita di produttività (1)

 

Diagnosi e fenotipizzazione

La diagnosi si sta evolvendo oltre questionari e test tradizionali (tempo di rottura del film lacrimale, test di Schirmer), spesso poco riproducibili (10,11). Tecniche avanzate come OCT del segmento anteriore, meibografia e interferometria consentono valutazioni più precise della stabilità del film lacrimale, della morfologia delle ghiandole di Meibomio e dell’integrità della superficie oculare (10,12). Questi strumenti offrono maggiore sensibilità e specificità (13).

Anche biomarcatori come osmolarità lacrimale e MMP-9 stanno emergendo quali indicatori affidabili di iperosmolarità e infiammazione (11,14). L’integrazione di imaging e biomarcatori facilita la stratificazione fenotipica in forme evaporative, iposecretive o miste, cruciale per un trattamento personalizzato (15). Il report DEWS II sottolinea l’importanza di distinguere i fenotipi per un approccio terapeutico efficace. Strumenti innovativi come termografia e valutazione della qualità ottica sono in fase di esplorazione (10,12). Considerando la crescente prevalenza della malattia, queste tecniche appaiono essenziali per diagnosi e gestione accurate (16,17).

 

Strategie terapeutiche

La gestione della DED combina terapie di base, anti-infiammatorie, approcci complementari e opzioni emergenti. I sostituti lacrimali personalizzati, contenenti acido ialuronico (HA) o componenti lipidici e preferibilmente privi di conservanti, rappresentano la prima linea terapeutica (18).

La scelta del sostituto lacrimale è tutt’altro che banale e dovrebbe basarsi su diversi criteri: grado di purezza, trasparenza, tempo di permanenza sulla superficie oculare e conseguente frequenza di somministrazione, fattori che influenzano in modo diretto compliance e soddisfazione del paziente (5,7,10,12,16,19).

Uno degli aspetti più importanti, ma spesso sottovalutati, riguarda il peso molecolare (MW) dell’acido ialuronico, riconosciuto dalle linee guida TFOS come molecola cardine nella terapia sostitutiva del film lacrimale. Il MW condiziona la viscosità e quindi il tempo di ritenzione sulla superficie oculare: il peso molecolare elevato (HMW-HA) determina una maggiore capacità di trattenere acqua, migliorando l’idratazione e la protezione della superficie oculare. Inoltre, presenta un indice muco-adesivo superiore rispetto all’HA a basso peso molecolare (LMW-HA), favorendo una più lunga permanenza nel film lacrimale e un comfort visivo più stabile (7,16,19,20).

Anche la qualità di produzione dell’HA merita attenzione: trattandosi di un dispositivo medico, non tutti i produttori utilizzano acido ialuronico di grado farmaceutico. Le formulazioni pharma-grade, ottenute attraverso processi di purificazione avanzati e controllo rigoroso delle impurità, garantiscono standard qualitativi più elevati, con potenziale riduzione del rischio di irritazione o reazioni avverse e maggiore tollerabilità. (7,16,19,20).

Nelle forme più severe, le formulazioni in gel possono garantire una maggiore permanenza sulla superficie oculare grazie alla loro viscosità superiore; tuttavia, questa caratteristica può talvolta determinare un transitorio offuscamento visivo. Recenti sviluppi formulativi includono l’aggiunta di specifici aminoacidi che favoriscono una più uniforme distribuzione del gel sul film lacrimale, contribuendo a ridurre l’effetto di visione annebbiata e migliorando la tollerabilità e l’aderenza alla terapia (5,20,21).

Il controllo dell’infiammazione resta fondamentale: ciclosporina, lifitegrast e corticosteroidi a basso dosaggio rimangono opzioni consolidate (22,23). Interventi complementari comprendono omega-3, vitamina D, igiene palpebrale e dispositivi a calore pulsato (18,22). Terapie emergenti — tra cui farmaci biologici, terapie cellulari e biomateriali innovativi come nanosistemi e idrogel — aprono prospettive promettenti per trattamenti a lungo termine (24). L’integrazione di queste strategie in piani personalizzati è essenziale per ripristinare l’omeostasi oculare e migliorare la qualità di vita (21,25).

 

Outcome e gestione personalizzata

Il miglioramento degli esiti richiede diagnosi precoce, trattamento su misura e valutazione tramite patient-reported outcomes (PRO). L’intervento tempestivo riduce il rischio di complicanze e progressione (20,26). I PRO consentono di cogliere l’impatto della malattia sulla qualità di vita, spesso non correlata ai soli segni clinici, e sono sempre più utilizzati negli studi clinici (19,27).

Un elemento cruciale per favorire l’aderenza terapeutica è la scelta accurata del sostituto lacrimale, in grado di offrire efficacia, comfort e praticità. Lubrificanti di alta qualità, caratterizzati da purezza elevata, buona trasparenza e lunga permanenza sulla superficie oculare, consentono una minore frequenza di instillazione, favorendo la compliance a lungo termine e migliorando la soddisfazione del paziente.

L’aderenza terapeutica si rafforza attraverso educazione, semplificazione dei regimi e comunicazione empatica (20,28). Nei pazienti complessi, la collaborazione multidisciplinare (es. con reumatologi e dermatologi) migliora la gestione dei fattori sistemici che contribuiscono alla DED (28).

 

Telemedicina e nuove tecnologie

La telemedicina e l’intelligenza artificiale stanno rivoluzionando la gestione del DED. Algoritmi di machine learning e imaging avanzato migliorano diagnosi e personalizzazione terapeutica, sebbene restino criticità legate a privacy ed etica (29,30). Le piattaforme di teleoftalmologia favoriscono screening, follow-up e continuità assistenziale, con un ruolo particolarmente rilevante emerso durante la pandemia (31).

Applicazioni mobili e dispositivi indossabili consentono monitoraggio remoto e automonitoraggio dei sintomi (32,33). Strumenti digitali specifici per DED da videoterminali hanno dimostrato efficacia nel migliorare la dinamica dell’ammiccamento e la stabilità del film lacrimale (3,34). Questo approccio si integra nel paradigma della medicina P4 — predittiva, preventiva, personalizzata e partecipativa — che mira a stratificare i rischi e ottimizzare gli interventi (3).

 

Bibliografia

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