E-health, intelligenza artificiale e oftalmologia: opportunità e sfide

tecnologia

Il legame tra oftalmologia e tecnologia è forse uno dei legami più forti che si possano apprezzare in medicina: possiamo pensare alle lenti, invenzione medievale, quasi subito applicate nel trattamento dei vizi di refrazione, per arrivare ai moderni OCT o i laser, tecnologie di ingegneria ottica che hanno permesso di rivoluzionare l’approccio diagnostico e terapeutico a moltissime malattie.

Il progresso continua, e pone alla comunità degli oftalmologi la sfida di tenersi costantemente aggiornati, anche nel nuovo territorio delle tecnologie digitali e informatiche.

Le risorse digitali in campo oftalmologico sono molteplici, alcune già consolidate, altre in fase di consolidamento o sperimentazione (figura 1). Tra le applicazioni già consolidate annoveriamo la telemedicina, o ancor meglio l'e-health, concetto più ampio che comprende anche l'erogazione di servizi sanitari a distanza ma ne estende le potenzialità, per esempio, in termini di comunicazione medico-paziente e monitoraggio cronicità, prevenzione per l’adozione di stili di vita corretti e la diagnosi precoce, e controllo aderenza terapeutica; inoltre, sistemi di cartella clinica elettronica che permettono di intercettare potenziali cause di evento avverso (ad esempio riguardo ad allergie e interazioni tra farmaci), e di analizzare dati sia prospetticamente che trasversalmente per estrarre da questi nuove prove di efficacia. A tali servizi si può immaginare che presto si affiancheranno nuovi sistemi a supporto delle decisioni che, analizzando in modo integrato i dati in cartella, l’imaging diagnostico e i dati provenienti da diversi sensori già ora indossabili, e presto anche “innestabili” (1), o anche solo focalizzandosi su ognuna di queste tipologie di dati isolatamente, possano produrre raccomandazioni personalizzate e allarmi contestualizzati e, quindi, potenzialmente, migliorare la cura dei pazienti, sia in termini di efficienza (cioè più servizi per più persone a parità di risorse), che in termini di efficacia, e pertanto di accuratezza sia diagnostica che prognostica. Stiamo parlando in questo caso di sistemi “software as a medical device” o “medical device software” (secondo le denominazioni della FDA o dello European Medical Devices Regulation, rispettivamente) o, con una espressione sempre tanto evocativa quanto potenzialmente fuorviante, di intelligenza artificiale (AI) medica. L’interesse degli operatori è senz’altro cresciuto negli ultimi mesi per applicazioni di AI, in particolare quella di nuova generazione, basata su larghe quantità di dati, e realizzata attraverso metodi e tecniche comunemente associate alle espressioni “machine learning” o “deep learning”. Il machine learning è la produzione parzialmente automatizzata di modelli statistico-matematici che, sulla base di grandi quantità di dati disponibili su un certo numero di casi, permettono la classificazione di nuovi casi (ad esempio, di denotare come positivo un esame diagnostico con una certa confidenza). Il deep learning è una forma di machine  learning ma, in questo caso, il modello pr dotto ha una architettura nota come “rete neurale artificiale multistrato”: a prescindere da dettagli tecnici, che non possiamo indirizzare in questa sede, sono soprattutto questi sistemi ad attrarre recentemente il maggiore interesse in oftalmologia e in altre discipline in cui la classificazione di immagini riveste grande importanza per la pratica clinica (ad esempio, la dermatologia, radiologia e patologia): in tali ambiti le prestazioni raggiunte da tali sistemi sono generalmente allo stesso livello dei migliori diagnosti umani, e in certi casi anche su-periori (2), e questo fatto non ha ovviamente lasciato indifferenti gli operatori del settore, compresi anche molti medici.

Ebbene, l’oftalmologia è una delle discipline in cui i sistemi realizzati con il deep learning hanno esibito le prestazioni più interessanti, ad esempio per la identificazione della retinopatia diabetica (3, 4), e la degenerazione della retina (5) e della macula (6), solo per citare le ricerche apparse nella letteratura scientifica a maggior impatto.

La FDA ha anche già autorizzato al commercio (con notifica premarket 510 (k)) due applicazioni dalle grandi potenzialità: l’IDx-DR (7), che è in grado di fornire diagnosi di retinopatia diabetica in maniera completamente automatizzata e che è oggetto di una delle poche sperimentazioni della AI medica di natura prospettica (4); e RightEye (8), un sistema di eye-tracking in grado di fornire valutazioni funzionali molto articolate. Sarà molto interessante valutare l’impatto di questi e simili sistemi sulla reale pratica in oftalmo- logia, in virtù della loro specificità e sensitività molto alte (intorno al 90%).

Le potenzialità delle tecnologie citate non devono però far trascurare gli elementi che suggeriscono comunque una certa cautela.

Se ci si sofferma sugli ambiti diagnostici o prognostici in cui l'esperto si può avvalere di supporti decisionali basati su modelli di machine learning che abbiamo definito “oracolari” (9) (cioè molto accurati riguardo alle loro raccomandazioni ma altrettanto imperscrutabili riguardo ai motivi per cui forniscono tali raccomandazioni e non altre), le potenziali conseguenze negative possono riguardare sia la tecnologia im-piegata, il deep learning, che i fattori umani.

Per quanto riguarda l'elemento tecnolo-gico: è nota agli addetti ai lavori, ed è stato recentemente osservato anche su Nature (10), la vulnerabilità dei modelli di deep le- arning a manipolazioni maliziose (che costituiscono una minaccia concreta in caso di attacco informatico) e la loro ridotta generalizzabilità su dati diversi da quelli con cui sono stati “addestrati” (cioè ottimizzati). Questo tema è in realtà comune a tutti i modelli predittivi realizzati con metodi e tecniche di machine learning, per i quali la validità pragmatica è raggiunta (o dimostrata) molto più raramente di quella meramente statistica, ed entrambe siano ancora diverse da quello che conta maggiormente per i clinici, e cioè la integrabilità di tali sistemi al workflow clinico e la loro adattabilità a pratiche di lavoro consolidate (11).

Per quanto riguarda l'elemento socio-tecnico, e quindi relativo anche alla adozione e interazione con i sistemi computazionali suddetti, ci possiamo  limitare a quelli discussi in un articolo che abbiamo pubblicato nel 2017 su JAMA (12), tra cui menzioniamo: un affidamento sempre crescente a esami di imaging, con il ri-schio di abuso (overuse) o inappropriatezza conseguente desensitizzazione della categoria ad aspetti non immediatamente riconducibili a tali esami, o non rappresentabili quantitativamente o attraverso schemi di codifica standard (depotenziamento semeiotico).

È inoltre importante  studiare il fenomeno dell’automation bias, cioè il sovra-affidamento ai sistemi di supporto alle decisioni, anche quando essi, inevitabilmente, forniscano raccomandazioni erronee; e, soprattutto, se l’utilizzo di sistemi oracolari da parte di medici in formazione (soprattutto specializzandi) si traduca in un fenomeno di dequalificazione progressiva (deskilling) in merito a competenze comunque centrali per l’oftalmologo.

Concludiamo questo rapido, e necessariamente parziale, excursus sulle potenziali della AI in ambito oftalmologico con un duplice invito, sia a non affidarsi a eccessivo entusiasmo, che a trascurare l’impatto che le tecnologie digitali possano  ave-re sulla professione dell’oftalmologo nel breve-medio periodo: come molti commentatori concordano nel ritenere: è facile prevedere come tali tecnologie, largamente intese, introdurranno cambiamenti importanti, tanto nella pratica oftalmologia, che in quella di molte altre specialitàcliniche: lo potranno fare in virtù delle proprie alte capacità discriminative, tanto per il supporto che potranno offrire ai medici nelle fasi dell’inquadramento diagnostico, facilitando il riconoscimento di quadri patologici; quanto al momento della prognosi, elaborando previsioni sul possibile andamento della malattia e suggerendo così al medico le scelte terapeutiche più appropriate e con maggiore probabilità di efficacia.

Poiché si tratta di cambiamenti probabilmente inevitabili e di rapida diffusione, se non proprio imminenti, è bene che gli oftalmologi comprendano opportunità e rischi di tali tecnologie, per governare il cambiamento da protagonisti e trarne il massimo vantaggio, nell’interesse della categoria, del sistema sanitario e, in ultima analisi, dei pazienti e degli assistiti tutti.

Bibliagrafia

(1) https://www.nationalgeographic. com/magazine/2019/01/12- innovations-technology- revolutionize-future-medicine/

(2) Liu, X., Faes, L., Kale, A. U., Wagner, S. K., Fu, D. J., Bruynseels, A., ... & Ledsam, J. R. (2019). A comparison of deep learning performance against health-care professionals in detecting diseases from medical imaging: a systematic review and meta-analysis. The Lancet Digital Health, 1(6), e271-e297.

(3) Gulshan, V., Peng, L., Coram, M., Stumpe, M. C., Wu, D., Narayanaswamy, A., ... & Kim, R. (2016). Development and validation of a deep learning algorithm for detection of diabetic retinopathy in retinal fundus photographs. Jama, 316(22), 2402-2410.

(4) Abràmoff, M. D., Lavin, P. T., Birch, M., Shah, N., & Folk, J. C. (2018). Pivotal trial of an autonomous AI-based diagnostic system for detection of diabetic retinopathy in primary care offices. Npj Digital Medicine, 1(1), 39.

(5) De Fauw, J., Ledsam, J. R., Romera- Paredes, B., Nikolov, S., Tomasev, N., Blackwell, S., ... & van den Driessche, G. (2018). Clinically applicable deep learning for diagnosis and referral in retinal disease. Nature medicine, 24(9), 1342.

(6) Burlina, P. M., Joshi, N., Pekala, M., Pacheco, K. D., Freund, D. E., & Bressler, N. M. (2017). Automated grading of age-related macular degeneration from color fundus images using deep convolutional neural networks. JAMA ophthalmology, 135(11), 1170-1176.

(7) https://www.eyediagnosis.co/

(8) https://righteye.com/

(9) Cabitza, F., Alderighi, C., Rasoini, R., & Gensini, G. F. (2017). Potenziali conseguenze inattese dell’uso di sistemi di intelligenza artificiale oracolari in medicina. Recenti Progressi in Medicina, 108(10), 397-401.

(10) Heaven, D. (2019). Why deep-learning AIs are so easy to fool. Nature, 574(7777), 163.

(11) Cabitza, F., & Zeitoun, J. D. (2019). The proof of the pudding: in praise of a culture of real-world validation for medical artificial intelligence. Annals of translational medicine, 7(8).

(12) Cabitza, F., Rasoini, R., & Gensini, G. F. (2017). Unintended consequences of machine learning in medicine. Jama, 318(6), 517-518.

(13) Topol, E. J. (2019). High-performance medicine: the convergence of human and artificial intelligence. Nature medicine, 25(1), 44-56.