La congiuntivite allergica rappresenta una delle patologie infiammatorie più frequenti della superficie oculare, con una prevalenza stimata tra il 15% e il 20% della popolazione generale (1-3). La forma più comune è la congiuntivite allergica stagionale, che tende a manifestarsi in modo ciclico nei mesi compresi tra la primavera e l’autunno, periodo in cui i livelli di pollini e altri allergeni ambientali sono maggiori (1,2). Spesso questa forma è associata alla rinite allergica, configurando una manifestazione sistemica dell’atopia che coinvolge vari distretti mucosali.
Impatto sulla qualità di vita
Dal punto di vista clinico, la congiuntivite allergica stagionale non costituisce una minaccia diretta per la funzione visiva; tuttavia, il suo impatto sulla qualità di vita può essere estremamente significativo. Pur trattandosi di una condizione benigna, i sintomi intensi e persistenti possono influenzare negativamente le attività quotidiane, le relazioni interpersonali e le prestazioni lavorative (2,3). Prurito oculare intermittente, lacrimazione, arrossamento, edema palpebrale e sensazione di corpo estraneo rappresentano i segni e i sintomi più frequentemente riportati (2,3). Nei casi più intensi si osservano fotofobia e visione offuscata transitoria (4). Non sorprende, dunque, che studi clinici indichino come trattamenti efficaci, quali l’olopatadina, possano avere un impatto positivo sulla qualità di vita, superiore a quello osservato con molecole come il ketotifene (4).
Fisiopatologia della risposta allergica
La patogenesi della congiuntivite allergica si basa su una risposta immunitaria di tipo I mediata dalle IgE (3). L’esposizione all’allergene porta al suo legame con le IgE fissate sui mastociti della congiuntiva, attivando il processo di degranulazione (1,2). Tale evento, che rappresenta la fase immediata della risposta allergica, determina il rilascio di istamina e altri mediatori vasoattivi che inducono rapidamente prurito e iperemia. L’istamina agisce sui recettori H1 dei nervi sensoriali generando prurito e sulle cellule endoteliali vascolari determinando vasodilatazione e aumento della permeabilità, con chemosi ed epifora (2,3). Segue una fase tardiva caratterizzata dal reclutamento e dall’attivazione di eosinofili e altre cellule infiammatorie, con produzione di citochine e prostaglandine che perpetuano l’infiammazione per molte ore dopo l’esposizione (3). Nei pazienti con congiuntivite allergica si osservano densità mastocitarie aumentate, fino a oltre 200.000 cellule per millimetro cubo (3).
Diagnosi e diagnosi differenziale
Il ruolo dell’oculista è fondamentale non solo nella conferma diagnostica ma anche nell’esclusione di condizioni che possono mimare o coesistere con il quadro allergico, come occhio secco, blefariti o congiuntiviti infettive (1,2). La valutazione biomicroscopica accurata consente di individuare i segni tipici e di indirizzare la strategia terapeutica più appropriata, prevenendo sovra- o sotto-trattamenti.
Razionale terapeutico
Il trattamento ideale si basa sull’evitamento dell’allergene, misura che però raramente risulta realistica o completamente efficace (1,2). Interventi non farmacologici come impacchi freddi e lacrime artificiali possono contribuire alla riduzione dei sintomi ma non sono sufficienti nei quadri moderati o severi (1). L’impiego di farmaci topici antiallergici rappresenta dunque lo standard di cura, con enfasi crescente sugli agenti a doppia azione capaci di combinare antagonismo dei recettori H1 e stabilizzazione dei mastociti (1,3).
Olopatadina: profilo farmacologico e clinico
L’olopatadina è stata la prima molecola introdotta tra gli agenti a doppia azione e rimane un cardine del trattamento grazie alla capacità di agire sia sulla fase immediata sia su quella tardiva della risposta allergica (1,3). Antagonista selettivo dei recettori H1 ad azione rapida, allevia i sintomi entro 30 minuti dall’instillazione (4) ed esercita un marcato effetto stabilizzante sui mastociti, inibendo la liberazione di mediatori pro-infiammatori e la produzione di citochine epiteliali (3,4). Nei pazienti con pervietà dei dotti nasolacrimali ha dimostrato benefici anche sui sintomi nasali associati (2-4). La posologia prevede due instillazioni giornaliere e favorisce l’aderenza. È l’unico antistaminico topico indicato per uso continuativo fino a quattro mesi ed è approvato a partire dai tre anni di età (4).
Evidenze comparative tra olopatadina e ketotifene
Studi clinici e meta-analisi confermano la superiorità dell’olopatadina rispetto al ketotifene per rapidità d’azione, efficacia globale e tollerabilità (3). L’olopatadina mostra un miglioramento clinicamente significativo dei sintomi già entro mezz’ora in una quota di pazienti compresa tra il 42,5% e il 62,5%, a fronte del 20–47,5% osservato con ketotifene, con una riduzione del prurito nel 62% dei pazienti contro il 27% rispettivamente alla stessa finestra temporale (3). La durata del beneficio e la velocità di risoluzione completa risultano maggiori con olopatadina; molti pazienti completano la terapia in modo soddisfacente entro sette giorni, senza necessità di prolungarla a due settimane, al contrario di quanto più frequentemente osservato con ketotifene (3).
Sicurezza, tollerabilità e aderenza
Il profilo di sicurezza dell’olopatadina è favorevole, con assenza di reazioni avverse significative riportate agli schemi terapeutici più utilizzati, mentre il ketotifene è associato a bruciore o fastidio locale nel 22–23% dei pazienti (3). Anche il tasso di mancata risposta terapeutica è inferiore con olopatadina rispetto a ketotifene (10% contro 17,5% entro sette giorni) (3). La semplicità posologica dell’olopatadina in somministrazione bis-die favorisce ulteriormente l’aderenza, elemento cruciale nelle fasi stagionali più prolungate o nei pazienti con sintomatologia perenne.
Implicazioni pratiche per la scelta terapeutica
Nel contesto clinico quotidiano l’olopatadina rappresenta una scelta preferenziale, in particolare quando è richiesto un sollievo rapido e una tollerabilità ottimale. La possibilità di impiego prolungato, l’indicazione pediatrica e l’efficacia documentata sui sintomi cardine ne sostengono l’adozione come prima linea. Trattamenti di supporto come lacrime artificiali possono essere utili, sebbene la documentazione disponibile non dettagli associazioni specifiche con FANS o corticosteroidi topici nel trattamento della congiuntivite stagionale (1). La valutazione alla lampada a fessura e l’educazione del paziente rimangono pilastri per impostare e mantenere un controllo sintomatologico adeguato.
Bibliografia
- Lanier BQ, Finegold I, D’Arienzo P, Granet D, Epstein AB, Ledgerwood GL. Clinical efficacy of olopatadine vs epinastine ophthalmic solution in the conjunctival allergen challenge model. Curr Med Res Opin. 2004;20(8):1227-1233. doi:10.1185/030079904125004330
- Spangler DL, Bensch G, Berdy GJ. Evaluation of the efficacy of olopatadine hydrochloride 0.1% ophthalmic solution and azelastine hydrochloride 0.05% ophthalmic solution in the conjunctival allergen challenge model. Clin Ther. 2001;23(8):1272-1280.
- Aguilar AJ. Comparative study of clinical efficacy and tolerance in seasonal allergic conjunctivitis management with 0.1% olopatadine hydrochloride versus 0.05% ketotifen fumarate. Acta Ophthalmol Scand. 2000;78(1):52-55.
- Opatanol (olopatadina). Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP). Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Aggiornato 14 ottobre 2023.






