Creare uno studio di lenti a contatto adatto agli occhi secchi: dagli strumenti diagnostici ai protocolli di trattamento

La crescente prevalenza della dry eye disease (DED) tra i portatori di lenti a contatto rappresenta una delle principali cause di ridotta tolleranza, abbandono delle lenti a contatto e insoddisfazione del paziente. Secondo la più recente definizione TFOS DEWS III, l’occhio secco è una malattia multifattoriale caratterizzata dalla perdita di omeostasi del film lacrimale e/o della superficie oculare, nella quale l’instabilità del film lacrimale, l’iperosmolarità, l’infiammazione e le alterazioni neurosensoriali svolgono un ruolo eziologico centrale (1).

In questo contesto, lo studio contactologico moderno non può limitarsi al solo fitting della lente, ma deve integrare una valutazione strutturata della superficie oculare e protocolli di trattamento mirati. La lente a contatto altera la fisiologia del film lacrimale, dividendolo in una componente pre- e post-lenticolare e favorendo instabilità, aumento dell’evaporazione e l’attivazione del circolo vizioso infiammatorio tipico della DED. La disfunzione delle ghiandole di Meibomio (MGD), oggi riconosciuta come il principale driver dell’occhio secco evaporativo, è particolarmente frequente tra i portatori di lenti a contatto e contribuisce in modo significativo alla ridotta tolleranza e al discomfort oculare (2).

Diagnosi e valutazione della superficie oculare

Un approccio dry eye–friendly inizia con un’anamnesi strutturata e l’impiego di questionari validati, come l’OSDI nelle versioni brevi raccomandate dal TFOS DEWS III, che consentono di identificare precocemente i pazienti sintomatici, anche in presenza di segni clinici inizialmente modesti (1). L’anamnesi deve includere l’uso intensivo di dispositivi digitali, terapie sistemiche, chirurgia oculare pregressa e precedenti esperienze di intolleranza alle lenti a contatto.

Dal punto di vista strumentale, lo studio contattologico deve integrare test non invasivi per la valutazione dell’omeostasi del film lacrimale. Il non-invasive tear break-up time (NIBUT) è un test di primo livello per documentare l’instabilità del film lacrimale secondo i criteri TFOS DEWS III (1). La meibografia consente di identificare MGD anche subcliniche, frequentemente presenti nei portatori di lenti a contatto, mentre i test tradizionali, come il BUT fluoresceinico e le colorazioni vitali, mantengono un ruolo complementare nella valutazione del danno epiteliale.

Strategie terapeutiche e fitting contattologico

Le evidenze più recenti indicano in modo consistente che l’ottimizzazione della superficie oculare costituisce una fase preliminare imprescindibile prima di qualsiasi fitting contattologico nel paziente con dry eye disease (DED). In presenza di una perdita di omeostasi del film lacrimale, l’inserimento di una lente a contatto rischia infatti di amplificare l’instabilità preesistente, favorendo l’attivazione del circolo vizioso infiammatorio e determinando una rapida insorgenza di discomfort e di ridotta tolleranza. In questo contesto, i sostituti lacrimali non devono essere considerati semplici agenti lubrificanti, bensì veri e propri modulatori della superficie oculare, in grado di intervenire sui meccanismi patogenetici della DED, contribuendo al ripristino dell’omeostasi e alla stabilizzazione del film lacrimale (3).

La scelta della lacrima artificiale deve quindi basarsi su una valutazione ragionata della sua composizione e del driver eziologico prevalente. Gli agenti viscosizzanti prolungano il tempo di residenza sulla superficie oculare e migliorano la stabilità del film lacrimale, risultando particolarmente utili nei pazienti con ridotta bagnabilità o deficit mucinico. Gli osmoprotettori svolgono un ruolo chiave nel contrastare l’iperosmolarità lacrimale, uno dei principali fattori di attivazione della cascata infiammatoria nella DED. Le componenti lipidiche risultano fondamentali nei quadri di occhio secco evaporativo associato a disfunzione delle ghiandole di Meibomio, mentre gli antiossidanti e le molecole con attività citoprotettiva possono contribuire alla protezione dell’epitelio corneale e congiuntivale dallo stress ossidativo cronico (2). Questo approccio consente di personalizzare il trattamento in base al profilo clinico del paziente, massimizzando l’efficacia terapeutica prima e durante l’uso delle lenti a contatto.

Un ruolo di particolare rilievo è svolto dall’acido ialuronico (HA), uno degli agenti più utilizzati nei sostituti lacrimali. Evidenze cliniche recenti dimostrano che il peso molecolare dell’HA influisce in modo significativo sulla risposta biologica della superficie oculare. Le formulazioni ad alto peso molecolare (HMW-HA) presentano proprietà antinfiammatorie, migliorano la stabilità del film lacrimale e favoriscono la rigenerazione nervosa corneale, contribuendo al ripristino della sensibilità e dei meccanismi riflessi di protezione della superficie oculare. Al contrario, le forme a basso peso molecolare possono essere associate a un’attivazione proinfiammatoria, con un potenziale effetto negativo nei pazienti con DED già infiammatoria (4). Questi dati supportano l’impiego preferenziale di HMW-HA nei portatori di lenti a contatto con segni di instabilità del film lacrimale, discomfort persistente o tolleranza ridotta, sia nella fase di preparazione al fitting sia durante il follow-up.

La scelta della lente a contatto deve inserirsi in modo coerente in questo framework clinico. Nei pazienti con DED, le lenti giornaliere rappresentano il gold standard, poiché consentono di ridurre l’accumulo di depositi, l’esposizione ai conservanti delle soluzioni di manutenzione e il rischio di interazioni negative con il film lacrimale. La selezione del materiale, della bagnabilità superficiale e del design della lente deve essere guidata dal tipo di DED predominante (evaporativo, iposecretivo o da ridotta bagnabilità), secondo l’approccio eziologico promosso dal TFOS DEWS III (1). Un fitting contattologico inserito all’interno di una strategia terapeutica integrata consente di migliorare in modo significativo il comfort, la compliance e la persistenza nell’uso delle lenti a contatto.

Follow-up e integrazione nella pratica clinica

La gestione del paziente non si limita al fitting iniziale. È fondamentale educare il portatore all’uso di lacrime compatibili con le lenti a contatto e programmare follow-up regolari per monitorare la stabilità del film lacrimale, il comfort e l’integrità epiteliale. Un adattamento dinamico del protocollo terapeutico consente di intercettare precocemente i segni di intolleranza e di ridurre il rischio di abbandono delle lenti (1–3).

Creare uno studio di lenti a contatto adatto agli occhi secchi implica un approccio integrato, basato sulla fisiopatologia, su strumenti diagnostici moderni e su protocolli terapeutici mirati. Le evidenze più recenti dimostrano che una gestione proattiva della DED migliora la tolleranza alle lenti, la soddisfazione del paziente e la sostenibilità clinica a lungo termine della pratica contattologica (1–4).

Bibliografia

  1. Wolffsohn JS, Benítez-Del-Castillo J, Loya-Garcia D, et al; TFOS Collaborator Group. TFOS DEWS III Diagnostic Methodology. Am J Ophthalmol. 2025. doi:10.1016/j.ajo.2025.05.033
  2. Labetoulle M, Benitez-del-Castillo JM, Barabino S, Herrero Vanrell R, Daull P, Garrigue JS, Rolando M. Artificial tears: biological role of their ingredients in the management of dry eye disease. Int J Mol Sci. 2022;23(5):2434. doi:10.3390/ijms23052434
  3. Barabino S, Benitez-del-Castillo JM, Fuchsluger T, Malachkova N, Meloni M, Paaske Utheim T, Rolando M. Dry eye disease treatment: the role of tear substitutes, their future, and an updated classification. Eur Rev Med Pharmacol Sci. 2020;24:8642-8652.
  4. Özkan G, Akkaya Turhan S, Toker E. Effect of high and low molecular weight sodium hyaluronic acid eye drops on corneal recovery after crosslinking in keratoconus patients. BMJ Open Ophthalmology. 2025;10:e001890. doi:10.1136/bmjophth-2024-001890