Francesco Mele

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Francesco Mele

a cura di Thea Farma

Lo incontriamo a conclusione delle prove con la band gli “Ille & the Pupils”, il cui motto è “God bless the Pupils”, formazione nata dalla collaborazione con alcuni colleghi oculisti e non solo. Il dr. Mele, eletto all’unanimità portavoce del gruppo, è il chitarrista. Questa sarà l’occasione per farci raccontare non solo la sua passione per la musica, ma anche come questa avventura sia iniziata: un progetto duraturo in cui l’oculistica rappresenta il destino che li ha fatti incontrare e l’amore per la musica la forza che li unisce.

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Com’è nata la sua passione per la musica?
Ho iniziato da bambino come autodidatta, senza un maestro e senza saper leggere uno spartito. La fortuna di avere un buon orecchio mi ha aiutato a riprodurre la musica che mi piace. La prima volta che ho suonato in pubblico non avevo ancora 10 anni, poi non ho più smesso. Negli anni dell’università facevo diverse serate al mese, ho avuto molte esperienze: ho suonato, tra gli altri gruppi, con la Skip Road Blues Band, compagine blues molto nota nel comasco, e successivamente ho collaborato con la cantante franco-algerina Sweetie, che mi ha coinvolto in un progetto musicale molto accattivante. Negli anni ho avuto modo di suonare in molti locali del centro-nord Italia con professionisti che hanno ampliato i miei orizzonti musicali. Il contatto con persone talentuose mi ha permesso di affinare la mia tecnica e di creare uno stile personale.
Ho percorso diversi generi: il blues, il mio preferito, il rhythm and blues, il soul, il funky, lo swing in cui non si esegue a memoria, ma si segue un canovaccio intorno al quale si improvvisa. Se tutto il gruppo conosce il linguaggio, non è necessario provare e così ogni volta il brano si colora in modo diverso.
Dopo la laurea però musica e oculistica sono diventati due lavori ormai inconciliabili. Era impensabile fare il medico per gioco, per cui ho deciso che mi sarei guadagnato da vivere facendo l’oculista e avrei suonato per hobby. È nato così il gruppo rock insieme con mia sorella e mio fratello. Si sono uniti a noi un amico, chitarrista di professione, e sua figlia. Il gruppo, la cui formazione è durata dall’’83 al ’97, mi ha permesso di suonare molto e di coltivare i rapporti affettivi con i miei fratelli minori, ai quali sono tuttora molto legato.

“La prima volta che ho suonato la chitarra in pubblico non avevo ancora 10 anni”; esordisce così il dottor Francesco Mele, chitarrista ancor prima di diventare un affermato chirurgo oftalmico, ospite nel secondo appuntamento della rubrica “Oculisti… che passione!”.

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Perché ha scelto la chitarra?
È la chitarra che mi ha scelto. Ho vissuto la mia infanzia in un piccolo paese della Lucania. Erano i primi anni ’60 e la chitarra elettrica era l’anima della nuova musica beat: il suo suono mi pervadeva e mi emozionava. Avevo due amici come me appassionati di musica; ad uno di loro uno zio aveva regalato una vecchia chitarra, grazie alla quale abbiamo appreso i primi rudimenti. Finalmente all’età di sette anni i miei genitori me ne hanno regalata una, che reca tutti i segni del tempo e che conservo ancora. La chitarra è uno strumento fisico, una vera e propria estensione delle mani e delle braccia: devi creare il suono con le tue dita, serve forza ed agilità, serve allenamento. La passione, nata in un gruppo di bambini, non si è mai spenta. Nel corso degli anni sono riuscito a collezionare un discreto numero di chitarre, ognuna delle quali è legata ad un periodo della mia vita.

E la passione per la medicina com’è arrivata?
In realtà non me lo so spiegare. Mio padre era medico, lo stimavo molto. Ha cercato di evitare che noi figli scegliessimo la sua stessa professione. A 18 anni mi piacevano la chimica, la filosofia, la psicologia e poi naturalmente c’era la musica, ma fare il musicista avrebbe creato dei dissapori con mio padre. Non so dire perché alla fine ho scelto medicina, probabilmente sentivo che era l’unico modo per dare un senso alla mia giovane esistenza, un modo per sentirmi utile. La specializzazione in oculistica è nata grazie a ricordi di famiglia: al terzo anno di università sono andato in vacanza nella vecchia casa dei miei nonni. Rovistando in solaio, ho trovato un libro autobiografico del mio bisnonno oculista che agli inizi del secolo scorso operava in casa aiutato dalle sue figlie! Ho trovato tutti i suoi ferri chirurgici, i suoi libri, li ho sfogliati entusiasta. L’occhio mi aveva sempre incuriosito, così piccolo, ma così complesso ed affascinante. Tornato dalle vacanze avevo scelto la mia strada: “da grande” avrei fatto l’oculista.

Tornando alla musica, mi racconta il progetto “ILLE & THE PUPILS”?
La band è stata creata in occasione di un evento organizzato per un congresso di oftalmologia. L’idea era quella di offrire ai colleghi un momento ludico dopo i lavori congressuali.
Ho così coinvolto degli oculisti che avevano la mia stessa passione e suonavano uno strumento: Fabio Zorgno, batterista, che conoscevo da tempo, Fabio Patelli, tastierista, con il quale avevo lavorato in passato, e successivamente altri colleghi: Luca Rossetti, bassista, e Michele Maffei, sassofonista. L’ultimo “acquisto” è un oculista molto giovane, Umberto Serra, alla tromba.
Non avendo a disposizione colleghi votati al canto abbiamo inizialmente affidato il ruolo a Filomena Fanari “Illa” e Massimo Cappelletti, amico di vecchia data. Dopo il successo della prima serata abbiamo deciso di continuare questa esperienza coinvolgendo tre cantanti: Fiorella Bisogno, Silvia Forni, Maria Paola Zanni. Per la scelta dei pezzi teniamo conto delle preferenze di ciascuno affinché tutti si sentano rappresentati. I brani sono reinterpretati in modo da “farli nostri”. È nata una buona intesa, sono tutte persone sensibili ed intelligenti, vediamo in modo comune molte cose. Ciò che è più importante è stare bene insieme e suonando ci divertiamo davvero tanto.

 

Riesce a riassumere in una frase cosa sono le sue due passioni? 
Sono complementari. Nel lavoro, la chirurgia del segmento anteriore assorbe molte delle mie energie: deve necessariamente emergere la mia parte razionale, devo usare il cervello tutto il giorno. La musica mi permette invece di esprimere la mia sensibilità. Quando suono mi lascio andare alle sensazioni e alle emozioni che provo in quel momento, cercando di trasmetterle allo strumento. Oggi ho poco tempo libero, ma cerco per quanto possibile di ritagliare uno spazio per la mia chitarra.
S.M.

Al prossimo incontro!