Le misure di distanziamento sociale legate alla prevenzione del contagio da Coronavirus SARS-COV-19 hanno imposto strumenti di lavoro già parzialmente previsti, ma fino a poco tempo fa considerati accessori.
Lo smart working (SM o “lavoro agile” - espressione, quest'ultima proposta dall’Accademia della Crusca) e la didattica a distanza (DaD) sono entrati prepotentemente nella vita di adulti e ragazzi, cogliendoci per lo più impreparati come organizzazione degli spazi e dell’ergonomia di lavoro (tale anche per gli studenti).
Se da un lato il fatto di non spostarci per raggiungere il posto di lavoro o la scuola previene perdite di tempo, ci consente di dormire un po’ di più ed evita fastidiosi disturbi articolari dovuti alla permanenza in auto od all’uso di pesanti zaini ripieni di libri, lo smart working e la didattica a distanza ci espongono al rischio emotivo di sentirci relativamente isolati e poco influenti e a quello posturale di dimenticare di porci adeguatamente davanti ai dispositivi elettronici che ci “collegano” al mondo.
Da una parte, gestire il rapporto con lo SM senza la giusta consapevolezza può provocare seri malesseri, possibili fonti di influenza negativa sull’umore e sulla produttività; dall’altra, assumere posture scorrette rischia di far emergere disturbi muscolari o articolari latenti o provocarne di nuovi (sia a breve che a lungo termine).
Ecco perché la pianificazione dello SM e della DaD riguarda l’approccio psicologico e la gestione degli strumenti di lavoro; infatti, non sono questi ultimi i responsabili diretti di eventuali dolori o alterazioni psicologiche, ma piuttosto l’uso che ne facciamo.
Postura
La nostra postura è la posizione assunta dalle varie parti del corpo l'una rispetto all’altra, cioè il risultato di un complesso processo di integrazione sensorio-motoria al fine di adattare il corpo al campo gravitazionale e all'ambiente.
L'equilibrio posturale si ottiene quando tutte le forze che agiscono sul corpo sono appunto equilibrate e, quindi, il corpo è stabile nella posizione desiderata (statica) o in grado di eseguire movimenti ben definiti e scelti senza perdere l'equilibrio (dinamica).
Questo processo è instabile, automatico (le strategie compensative intervengono con un ritardo di circa 85-90 msec dopo la percezione dell'instabilità), regolato dalle singole strategie di integrazione (per lo più inconsce) di sistemi labirintici, propriocettivi, tattili, visivi e uditivi.
Tali strategie sfociano in una attivazione del sistema muscolo-scheletrico, effettore finale di una distribuzione continua del tono neuromuscolare per un controllo preciso dell’equilibrio.
L’equilibrio postulare è, infine, frutto del vissuto della persona stessa e determinato quindi da stress, traumi fisici ed emotivi, respirazione scorretta, nonché da squilibri biochimici derivati da un’incongrua alimentazione.
Pertanto, una buona postura non può essere "normalizzata", come questione individuale di risposta all'ambiente, e non può essere definita in modo standard, se non nei limiti di una buona postura "statica", ovvero la più economica in termini di costi energetici per l'individuo.
Il carico gravitazionale è diverso nelle varie parti del corpo a seconda delle abitudini posturali dell'individuo e della posizione eretta o seduta. Ecco perché posizioni "errate" esercitano una forza eccessiva sui dischi intervertebrali e sulle articolazioni e sovraccaricano muscoli e tendini intorno all'articolazione colpita, dato che le articolazioni perdono la loro efficienza quando operano oltre il loro movimento di medio raggio senza adeguati tempi di recupero.
Posizioni errate e conseguenze
La sedentarietà aumenta del 40% la pressione sui dischi rispetto a quando si è in piedi, agevola la flessione anteriore del rachide, tende a ridurre la lordosi lombare (quando la sedia è troppo bassa, ci si rilassa formando una curvatura quasi opposta a quella fisiologica che da concava -lordosi- diviene convessa -cifosi-). Inoltre, la contrazione dei principali muscoli flessori (ileo-psoas compreso) può far inarcare in modo scorretto la schiena, inducendo la chiusura delle spalle con compressione della cassa toracica e conseguenti respirazione disfunzionale e blocco diaframmatico.
Purtroppo, poi, quando rimaniamo a lungo in posizioni scomposte o "errate", la nostra mente cambia l'immagine esatta che ha della colonna e delle articolazioni, di modo che, dopo un certo tempo, la nostra mente considera normale una posizione in realtà “sbagliata”.
Una modifica costante o prolungata del carico gravitazionale sulle varie componenti ossee e muscolari del nostro corpo, legate a posture incongrue, movimenti ripetitivi ed estensioni forzate, acute o cumulative, è alla base dell'insorgenza di:
- cosiddetti traumi muscolo-scheletrici, soprattutto negli adulti (traumi o disturbi dei tessuti molli, inclusi muscoli, tendini, legamenti, vasi sanguigni, nervi, colonna vertebrale, causa ad es. di ernia del disco, distorsioni, stiramenti, dolore, gonfiore, intorpidimento, sindrome del tunnel carpale o tarsale e sindrome di Raynaud). Rappresentano uno dei principali problemi di salute, tanto che possono colpire fino all'80% della popolazione;
- alterazioni dello sviluppo muscolo-scheletrico in età evolutiva. I bambini con una curvatura spinale anomala mostrano una perdita di tono neuromuscolare che ostacola un facile equilibrio posturale. Per esempio: posizione seduta in modo anomalo per molto tempo e panche/sedie non ergonomiche sono una maledizione per quasi tutte le colonne vertebrali, in quanto facilitano la perdita di forma e la funzione neuromuscolare durante il periodo di crescita.
Una postura è definita tollerabile quando a breve termine non provoca disagio, affaticamento o dolore, e a lungo termine non causa patologie morfo-funzionali dell'apparato locomotore.
Nel mondo tecnologicamente avanzato di oggi ed in considerazione di SM e DaD, è facile sia per adulti che per ragazzi passare quasi l'intera giornata a guardare e/o utilizzare dispositivi elettronici (pc desktop o portatili, smartphone, tablet).
La visualizzazione su uno schermo digitale è diversa dalla lettura di una pagina stampata, dato che le lettere possono non essere così precise o nettamente definite, la presenza di abbagliamento e riflessi sullo schermo rendono difficile la visione, il livello di contrasto sullo sfondo può essere ridotto, le distanze e gli angoli di visione utilizzati sono diversi da quelli comunemente usati per altre attività di lettura o scrittura. Di conseguenza, i requisiti per la messa a fuoco e il movimento degli occhi per la visualizzazione su schermo digitale possono porre ulteriori richieste al sistema visivo, tanto che la presenza di problemi visivi (non correzione o non adeguata correzione di difetti di vista, disturbi della binocularità, ecc.), anche relativamente minori, influisce sul comfort e sulle prestazioni davanti ad uno schermo digitale.
Inoltre, le attività con uso di device elettronici attirano costantemente l’attenzione della persona, riducendo la frequenza con cui vengono chiuse le palpebre (frequenza di ammiccamento). Ciò comporta maggiore evaporazione delle lacrime con potenziale compromissione della loro funzione protettiva/lubrificante ed induzione della sensazione di secchezza oculare e/o di riduzione della qualità visiva.
Computer vision syndrome
Ecco perché può comparire la cosiddetta computer vision syndrome (CVS). Molte persone, infatti, avvertono numerosi disturbi durante e dopo periodi prolungati di messa a fuoco degli occhi sui display elettronici, computer, smartphone e tablet in ambienti non adeguatamente illuminati. Ne consegue un affaticamento (la cosiddetta astenopia visiva), come risposta ad uno sforzo muscolare di messa a fuoco (accomodazione) eccessivamente protratto degli occhi. I sintomi si verificano perché le esigenze visive del compito superano le capacità visive dell'individuo per eseguirle comodamente. Il livello di disagio aumenta con la quantità di utilizzo dello schermo digitale e permane spesso per anni. La CVS ha effetti a carico della vista (visione offuscata o doppia, bruciore, prurito, secchezza e arrossamento), ma anche neurologici (mal di testa, astenia, perdita di lucidità, nausea) e muscolo-scheletrici (dolori al collo e alla schiena).
Proprio in considerazione di questi ultimi disturbi, dobbiamo necessariamente considerare quale postura si assume durante l’utilizzo dei device elettronici. Anche solo osservare come adulti e bambini si posizionano mentre usano i loro dispositivi elettronici può darci un'idea.
A casa o in ufficio, chi usa il computer spesso tiene il busto lontano dallo schienale e inclinato, il collo spinto in avanti per vedere meglio, la mano del mouse sospesa e "accartocciata" di lato, nonché spinge le gambe reclinate all'indietro. Alcune persone inclinano la testa ad angoli strani o si piegano verso lo schermo per vederlo chiaramente, talora perché i loro occhiali non sono specificatamente progettati per guardare un computer o un device elettronico, dato che questi impongono (specie i pc) una terza distanza visiva, intermedia tra quella per lontano e quella per lettura.
Il peggio lo possiamo osservare quando le persone guardano e scrivono su dispositivi elettronici in cui schermo e tastiera sono all-in-one: curvati, con il collo piegato verso il basso, le spalle abbassate e spesso con le gambe incrociate. Questa, però, è anche una posizione tipica del depresso.
Numerosi studi di psicologia e psichiatria, ma anche di fisiatria e di posturologia cognitivistica, correlano postura ed emozioni. Le posture possono proiettare in modo non verbale come ciascuno si senta (umore e sensazione personali); i cambiamenti posturali influenzano pensieri, emozioni e livelli di energia e, al contrario, livelli di energia, emozioni e pensieri influenzano la postura (1), tanto che si dice “se è vero che sei seduto in questo modo perché sei triste, è anche vero che sei triste perché sei seduto in questo modo” (2).
Per questo, sforzarsi di mantenere una postura per quanto possibile “ottimale” può migliorare la qualità del nostro stato d’animo.
Sfortunatamente, il corpo umano non è stato progettato per posizionarsi in tutti i modi contorti che abbiamo prima descritto. Come già specificato, ciò può avere alla lunga gravi effetti collaterali in maniera «organica», di cui si interessa la medicina tradizionale, oppure «funzionale», di cui si interessa la posturologia.
In particolare, il problema più grande della "postura tecnologica" è la posizione della testa rispetto alla colonna cervicale (ed in particolare su C7), che porta al cosiddetto I-Hunch o text neck, con la testa ben inclinata in avanti (3).
Se bilanciata sulle spalle, la testa umana pesa in media 4,5 kg, ma con un’inclinazione di 15° arriva a pesare sulla colonna fino a 12 kg, a 30° fino a 18 kg, a 60° (il mento sta toccando il torace) fino a 27 kg!
Il rischio è che il collo vada incontro a contratture, le cui conseguenze rientrano nell’insieme di sintomi noto comunemente come cervicalgia, con dolore localizzato in corrispondenza delle vertebre superiori della colonna vertebrale, associato all’infiammazione dei muscoli para-vertebrali, impattando sulla facilità di movimento del collo stesso e accompagnata spesso a disturbi quali vertigini, nausea, cefalea e parestesie locali.
Ma il problema va ben oltre. L'eccesso di peso sulla colonna vertebrale superiore può causare a cascata alterazioni di tale tratto vertebrale - e poi di quello inferiore - con conseguente mal di schiena. La lombalgia può, inoltre, causare dolore al ginocchio, che può portare a fastidi alla caviglia.
Le attività con uso di device elettronici attirano costantemente l’attenzione della persona, riducendo la frequenza con cui vengono chiuse le palpebre (frequenza di ammiccamento). Ciò comporta maggiore evaporazione delle lacrime con potenziale compromissione della loro funzione protettiva/lubrificante ed induzione della sensazione di secchezza oculare e/o di riduzione della qualità visiva
Accorgimenti e soluzioni
Bisogna assolutamente reagire e imporsi dei cambiamenti. Per questo è necessario individuare problemi visivi e correggerli adeguatamente per l’attività con device elettronici, sviluppare educazione e consapevolezza individuali, utilizzare e progressivamente migliorare l’ergonomia della propria postazione di lavoro, non disattendere i segnali fisici (sintomi o disturbi) e fare adeguate pause di lavoro.
Ricordiamo come il permanere a lungo nei luoghi chiusi riduce drasticamente la quantità di attività fisica svolta dal nostro corpo con conseguente irrigidimento delle strutture dell’apparato locomotore, ma anche il ridotto tempo all’aria aperta può provocare un peggioramento del tono dell’umore e un “pigrizia” generale del corpo e della mente.
L’esposizione alla luce solare, infatti, catalizza una serie di reazioni che portano, tra le altre, all’inibizione della degradazione della serotonina, prolungando l’attività di quello che è considerato l’ormone del benessere.
Parlando della compensazione di un problema visivo tramite lenti oftalmiche, sappiamo bene che essa comporta variazioni della percezione visiva che talora si ripercuotono sulla postura dell’individuo.
Gli occhiali, in relazione alla loro qualità di montaggio e a come sono posizionati sul volto della persona, inducono effetti prismatici, i quali nella dinamica della percezione portano ad un adattamento motorio alle lenti (ingrandimento e scorrimento delle immagini retiniche) e, potenzialmente, al cambiamento della percezione relativamente alle caratteristiche della persona (età, esperienze precedenti, modello percettivo, qualità del sistema visivo e motorio).
La correzione adeguata alle esigenze di visione del singolo individuo è, pertanto, fondamentale. Tuttavia, per proprietà transitiva, tutte le abilità visive di binocularità possono alterarsi sia per l’uso di correzioni «imperfette» che secondariamente a scompenso da adattamento ad una ergonomia non corretta.
Di conseguenza l’alterazione dell’abilità binoculare di visione potrebbe essere secondaria ad una postura «errata» adattiva. Infine, anche una buona compensazione di un problema visivo tramite lenti oftalmiche può comportare una non perfetta accettazione da parte dell’individuo, specie nella dinamica. In questi casi, la correzione potrebbe andare a scontrarsi con interferenze non integrabili a partire da altre entrate posturali (labirinto, propriocezione podalica, problemi odontoiatrici, ecc.), in quanto troppo “buona” per la situazione disturbata dell’integrazione dell’equilibrio.
Solo correggendo tali interferenze si otterrà l’accettazione dell’occhiale. Per esempio, potreste prescrivere una correzione che porta a 16/10 la visione del paziente, il quale potrebbe non accettare in dinamica quella correzione fino a che non sia stato indirizzato, eventualmente dopo valutazione posturologica/stabilometrica, ed abbia risolto un problema vestibolare o di esiti di “colpo di frusta”.
Idealmente, per contrastare i rischi di disturbi negli adulti e di malformazioni nei ragazzi (a casa come a scuola) che possano compromettere un corretto e armonico sviluppo fisico, dovrebbero essere messi a disposizione oggetti, strumenti e arredi ergonomici che impediscano di compiere "movimenti sbagliati" e sforzi pericolosi.
Il piano di lavoro deve essere organizzato ponendo quanto utile o indispensabile ad adeguate distanze nell'area di lavoro a seconda delle esigenze: solito, occasionale, "non lavoro". In ogni caso, impostare una postura adeguata nei confronti del device elettronico utilizzato è di gran lunga l'aspetto ergonomico più importante del posto di lavoro/scuola, casa, vita sociale.
La sedia, il piano di lavoro, i vari accessori, il monitor e gli strumenti di input possono aiutare o indirizzare a mantenere una buona postura, ma non possono determinarla da soli. Ecco perché lo schermo del pc deve essere posizionato ad una distanza di 50-70 cm appena sotto il piano oculare, assicurandosi che la normale linea di visione vada verso il centro del monitor (inclinata di 10-15°) e l'angolo di visione massimo verso il bordo inferiore dello schermo sia di circa 35°. La posizione del monitor più in basso della linea di sguardo è fondamentale in soggetti presbiti anche a seconda dell’eventuale correzione con occhiale (specie se progressivo, non office). Da seduti, la testa deve essere in linea con il corpo, non inclinata, avanzata o reclinata per non affaticare il collo, e devono classicamente essere rispettati un angolo d’anca di circa 90-120°, un angolo di ginocchio di circa 90-130° ed un angolo di caviglia di circa 100-120° (fig. 1) (4).
Per l’utilizzo di tutti i device elettronici, la lettura/scrittura a scuola e la distanza della tastiera dal busto nella postazione del computer, è da tempo consigliato l’uso di una distanza di lettura cosiddetta di Harmon (5), in grado di ridurre lo stress visivo del punto prossimo. Essa corrisponde alla distanza che separa il gomito e la prima falange del dito medio, tenendo il polso diritto, sia dagli occhi che dallo stomaco della persona, in modo tale da formare un triangolo equilatero (figura 2), ed è equivalente a circa 35-40 cm nell’adulto, 25-30 cm nel bambino (anche in letteratura viene suggerita una distanza di lettura a 40 cm con adeguato dimensionamento dei caratteri) (6).
Mantenere una distanza di lavoro adeguata facilita (teoricamente) una "visione comoda". Anche soggetti con un'insufficienza di accomodazione o un difetto di convergenza, qualora adottino una distanza di lavoro appropriata, potrebbero eliminare un fattore di stress.
Altro fattore fondamentale nello SM e nella DaD è l’illuminazione sia degli schermi che dell’ambiente. Oltre a regolare la luce dello schermo, è importante disporre di un’adeguata illuminazione ambientale, che idealmente sarebbe quella naturale.
Qualora si debba ricorrere alla luce artificiale, questa dovrebbe essere il più simile possibile alla luce naturale, evitando riflessi e contrasti eccessivi sullo schermo. Gli ambenti bui possono affaticare gli occhi e rendere difficile la concentrazione, impedendo, inoltre, all’individuo di guardare lontano nelle pause.
In ogni caso, la postura "ideale" se mantenuta troppo a lungo provoca anch’essa affaticamento; i cambiamenti di postura individuali entro i "limiti" non solo sono naturalmente assunti, ma sono desiderabili.
Al di là delle regole, la postura ottimale è quella che risulta più confortevole e le posture confortevoli variano da individuo a individuo. Stare seduti per più di 30 minuti in una posizione non è di per sé pericoloso e non dovrebbe essere impedito; comunque, muoversi e cambiare posizione è di grande aiuto, specie per la circolazione sanguigna.
Pertanto, porre adeguati tempi di utilizzo e di sospensione è fondamentale per non sovraccaricare il sistema posturale, e nelle pause devono essere effettuati esercizi di palming e di stretching. Il minor consumo calorico correlato all’isolamento fra le mura domestiche deve essere, inoltre, compensato da un’alimentazione più leggera.
Cerchiamo soprattutto di ascoltare il nostro corpo, che ci dà sempre qualche segnale e ci chiede rispetto, per sé e per noi stessi. Diamogli sempre la giusta attenzione, anche per favorire le nostre emozioni e la produttività quotidiana, ricordando che non occorre la perfezione subito, dato che un piccolo progresso ogni giorno si traduce in grandi risultati.
Bibliografia
- Increase strength and mood with posture. Biofeedback 12(2):14-17; 2016
- A brief guide to embodied cognition: why you are not your brain. Scientific American November 4, 2011
- Office management of back and neck pain. Principles of diagnosis and treatment. Adv Nurse Pract. 12(7):38-43, 2004
- Mantovani E. Postura e ambiente: l’ergonomia nel lavoro. In Bressan P & Mantovani E (eds) “Approccio multidisciplinare alla posturologia”, Martina Editore, 2019
- Harmon Darell Boyd. The coordinated classroom. American Seating, 1949
- Harmon distance testing: why? American