L'occhio? É un geroglifico
a cura di Thea Farma
L’occhio per gli antichi aveva un significato simbolico sacro e divino. Solo grazie al lavoro di grandi medici dell’Ottocento, sono state possibili scoperte scientifiche rivoluzionarie che hanno impattato sull’oculistica dei giorni nostri. Ne parliamo con il Dottor Vito Rivellini, oculista di Napoli, attraverso la sua passione: collezionare oggetti antichi in ambito oculistico e non solo...
Com’è nata la sua passione per il collezionismo di oggetti antichi?
La passione per tutto ciò che è antico è per me innata: la ricerca, lo studio e la raccolta di oggetti del passato mi emoziona e affascina da sempre. Ho iniziato a collezionare oggetti antichi in ambito oculistico dai tempi della laurea. Per l’occasione mio padre mi regalò il trattato di Antonio Scarpa, grande anatomista dell’Ottocento. Il libro del 1801 è universalmente riconosciuto come il trattato di oculistica più famoso della prima metà dell’ottocento in Italia e in Europa. Da vent’anni faccio ricerche per scoprire testi antichi, apparecchi e strumenti che raccontano la storia dell’oculistica. Attualmente ho una collezione che comprende 250 testi scritti dai personaggi più importanti dell’oculistica dell’Ottocento, gli stessi che hanno dato il nome alle patologie che oggi conosciamo. Ho anche una trentina di cassette lenti e più di 100 oftalmoscopi ottocenteschi. È stato un lavoro difficile, di ricerca nei mercatini e nelle biblioteche italiane ed europee, lavoro che si è semplificato successivamente grazie ad Internet. È una passione che coltivo con costanza e dedizione: è emozionante trovare all’interno delle pagine dediche autobiografiche. Ciò che ho apprezzato e che mi ha affascinato maggiormente sfogliando questi testi è stato riscontrare che, senza avere gli strumenti diagnostici attuali, già da allora erano capaci di effettuare interventi chirurgici che risultano difficili ancora oggi. Solo grazie alla passione estrema di questi grandi personaggi siamo arrivati a scoperte importanti, non solo nel campo dell’oculistica.
La sua collezione ricostruisce la storia dell’oftalmologia?
Prevalentemente raccoglie tutta la storia dell’Ottocento, secolo in cui c’è stata la vera esplosione dell’oculistica. La collezione vanta di testi scritti dai “padri” europei dell’oftalmologia moderna: Albrecht von Graefe che ha sovvertito i canoni della chirurgia oftalmica introducendo il taglio lineare superiore della cataratta associato all’iridectomia, Herman Von Helmholtz, oculista tedesco scopritore dell’oftalmoscopio, Hermann Snellen che ha introdotto la tavola ottometrica e Franciscus Donders, importante oftalmologo della scuola olandese. Il testo a cui sono più legato è di un oculista italiano, il Professor Giovanni Battista Quadri, personaggio molto importante. Ha fondato nel 1815 la “Clinica di Oftalmiatria” a Napoli, prima clinica oculistica italiana e una delle prime in Europa. Questi medici sono stati dei giganti, grandi clinici e conoscitori dell’anatomia e della fisiologia. Oltre ai libri antichi, la collezione conta diversi strumenti: cassette lenti dell’ottocento, l’oftalmometro di Emile Javal, primo strumento per misurare l’astigmatismo, e centinaia di oftalmoscopi. La scoperta dell’oftalmoscopio nel 1851 ha caratterizzato la storia dell’oculistica, permettendo di conoscere patologie e meccanismi prima “oscuri” grazie alla visione della retina e del nervo ottico. L’occhio ha da sempre avuto un’importanza essenziale in medicina, era uno dei pochi elementi che permetteva di capire il quadro generale del paziente. Un po’ come facciamo oggi razionalmente analizzando il fondo dell’occhio.
Ha fatto altre ricerche oltre alla storia dell’oculistica?
Quando avevo 14 anni ho iniziato la ricerca per costruire l’albero genealogico della mia famiglia. Raccogliendo atti di compravendita sono arrivato alla seconda, terza generazione, continuando nella ricerca di atti di matrimonio e battesimo nelle chiese. Ricordo domeniche interminabili immerso in testi e documenti antichi. Sono riuscito a completarlo recentemente, arrivando fino al 1500. Ho dedicato anche una parte della mia vita allo studio dei geroglifici e dell’antico Egitto attraverso i libri di Jean-François Champollion, archeologo ed egittologo francese. Champollion ha dedicato una vita a decifrare i geroglifici, un rebus tra elemento simbolico e alfabetico. La cosa affascinante per me è stata studiare la storia di un uomo che ha dedicato una vita intera allo studio e alla decodifica di questa lingua.
La passione per la medicina com’è nata?
Ho sempre avuto la passione per l’oculistica nello specifico. Mio padre era medico e mio zio oculista. Da ragazzo andavo spesso nel suo studio. Maneggiavo la cassetta lenti, le studiavo, le osservavo incuriosito. Nella mia camera la tabella ottometrica era di fianco al poster della squadra del cuore. Sapevo già che da grande avrei scelto questa strada.
Riesce a racchiudere in una parola cos’è per lei l’oculistica?
Emozione. L’occhio mi emoziona… Forse parte tutto dal fatto che guardando le persone negli occhi si riescono a leggere i sentimenti. Mi emoziona guardare i pazienti e poterli aiutare, percepire emozioni guardando un amico, un familiare, una persona di cui sei innamorato. Emozione ed amore che ho provato dedicandomi allo studio di questo organo così nobile e complesso, che sin dall’antichità ha avuto un valore simbolico sacro e divino.
S.M.16