Impatto epidemiologico
Il termine digital eyestrain syndrome (DES) risale al 2016 e indica l’insieme dei disturbi oculari correlabili alle attività visive svolte con varie tipologie di device. La produzione scientifica in merito compare circa 40 anni fa e si incrementa tra gli anni ’80 e ’90 con l’adozione dei computer in ambito lavorativo, ma la metà delle pubblicazioni si concentrano negli ultimi 5 anni; in particolare colpisce il picco 2020-21 in epoca Covid-19 (figura 1).
Il forte interesse scientifico più recente sostiene l’affermazione ormai condivisa che la DES stia assumendo in tutto il mondo il carattere di vero e proprio problema di salute di rilevanza sociale.
I fenomeni sociali che hanno contribuito all’incremento dell’impiego di device durante l’emergenza da Covid-19 sono stati l’aumento del ricorso allo smart working (SW), l’istituzione della didattica a distanza (DAD) e in generale le restrizioni delle attività outdoor. Il rapporto di Assolombarda dell’aprile 2021 riporta i dati rilevati dall’Osservatorio sullo SW del Politecnico di Milano e indica che nel nostro Paese il fenomeno in epoca pre-Covid-19 coinvolgeva il 5,3% dei lavoratori, nel 2020 ha interessato tra 5 e 6 milioni di lavoratori, con una stima in crescita che prevede che lo SW potrebbe coinvolgere in futuro fino al 35% dei lavoratori (5,3 milioni). I dati riportati dal Digital Italy 2020 e 2021 della piattaforma wearesocial.com, che si occupa di esaminare il mondo del web prevalentemente dal punto di vista commerciale e che nell’era Covid ha potuto fornire preziosi dati sull’impatto della pandemia sulla società mondiale, attestano la rilevanza del fenomeno. L’istituzione della DAD nel marzo 2020 ha coinvolto il 73% degli studenti italiani. È stato valutato che l’impegno giornaliero per l’e-learning e lo svolgimento delle consegne ha impegnato in media da 4 a 6 ore al giorno. Com’è noto, però, l’impiego di device per attività extrascolastiche interessa maggiormente proprio gli adolescenti e i giovani adulti, incrementando esponenzialmente l’impegno visivo quotidiano per queste classi di età.
Durante i vari periodi di lockdown si è rilevato un significativo incremento di nuovi utenti tra gennaio 2020 e gennaio 2021; nello stesso periodo è emerso che l’italiano medio tra i 16 ed i 64 anni ha trascorso 6 ore e ½ al dì su internet, circa 2 ore su piattaforme social e 49 minuti in attività di gaming: quindi considerando le sole azioni con impegno visivo su device esse hanno occupato in media 9-10 ore della nostra giornata. Un altro dato d’interesse è che l’esplorazione internet, il gaming e la comunicazione social vengono prevalentemente svolte attraverso lo smartphone (60-93%). Una review anglosassone del 2018 (1) riferiva di una prevalenza della DES pari al 50% degli utenti di device, mentre uno studio osservazionale su larga scala pubblicato nell’agosto 2021(2) riporta una prevalenza del 78%.
Inquadramento clinico
La DES è contrassegnata dall’associazione in proporzioni variabili da caso a caso di disturbi visivi, disturbi oculari e disturbi generali. Si tratta di sintomatologia aspecifica, comune anche ad altre condizioni.
I disturbi visivi sono rappresentati da visione offuscata, difficoltà accomodativa a distanze diverse, defocus, disturbi oculomotori come esoforie/tropie, fotofobia che derivano principalmente dall’elevata sollecitazione dell’accomodazione, soprattutto nell’impiego di device con schermo di ridotte dimensioni o nelle attività che necessitano una breve/brevissima distanza di lavoro. Tali disturbi sono più frequenti nei soggetti ipermetropi (latenti o manifesti), astigmatici e presbiti. Alcuni studi, tuttavia, indicano elevata prevalenza di DES anche in soggetti emmetropi (fig. 2), in assenza di strabismi latenti o manifesti nei campioni tra 5 e 35 anni e soprattutto tra gli 11 e i 15 anni. Si suggerisce in questi casi lo studio dell’ampiezza accomodativa, della frequenza critica di fusione e delle forie dissociative per vicino (3-4). Nell’esame oftalmologico bisogna inoltre poter evidenziare un eventuale spasmo accomodativo che può preludere ad una incipiente miopizzazione, rilievo questo che sostiene un opportuno adeguamento del follow-up (5).
I disturbi oculari che frequentemente accompagnano le attività visive intellettualmente impegnative sono correlati alla prolungata fissazione che riduce sia il blink rate che la blink completeness. L’ammiccamento contribuisce alla secrezione lipidica delle ghiandole di Meibomio, deputata a contenere l’evaporazione dello strato acquoso sottostante. La riduzione di frequenza e di ampiezza dell’ammiccamento può quindi determinare un’iperosmolarità del film lacrimale e favorire l’insorgenza della condizione di dry eye syndrome soprattutto in soggetti predisposti. Tale condizione interessa circa il 50% dei soggetti adulti ma è stata spesso riscontrata anche in età scolare (6).
La sintomatologia oculare e visiva si accompagna spesso a disturbi extraoculari; tra i più frequenti si annoverano cefalea, emicrania, nausea che possono rappresentare il primo sintomo di difetti refrattivi misconosciuti (ipermetropia latente, astigmatismo o presbiopia incipiente), insufficienza di convergenza, deficit fusionali, ma anche di patologie oculari (glaucoma angolo stretto/chiuso).
I disturbi posturali dei lavoratori a VDT vantano un’enorme bibliografia fin dagli anni ’60. I distretti interessati sono quelli del cingolo scapolo omerale, il rachide cervico-dorsale e gli arti superiori e sono correlati alle posizioni incongrue o, benché congrue, da mantenere per tempi lunghi. Tali disturbi possono anche coinvolgere indirettamente l’equilibrio oculo-motore in virtù delle strette connessioni nervose tra rachide cervicale, sistema vestibolare e muscoli oculari estrinseci (via oculo-vestibolare).
Sono pure stati segnalati disturbi del ritmo sonno/veglia e dell’attenzione. Il rilascio della melatonina dalla ghiandola pineale è controllato da una via che proviene dalle cellule gangliari retiniche fotosensibili contenenti melanopsina, che ha una sensibilità di picco di circa 482 nm, cioè luce blu-turchese di lunghezza d'onda più lunga rispetto alla luce blu-violetta.
L'esposizione alla luce di lunghezza d'onda corta (emessa anche dai dispositivi digitali), soprattutto se impiegati prima di coricarsi, può quindi disturbare i modelli di sonno e ridurre la vigilanza soggettiva. Ciò che è importante sottolineare relativamente allo smart working emergenziale e alla DAD è che queste situazioni di lavoro con device non sono normate dal punto di vista della tutela della salute, a differenza del telelavoro che prevede la fornitura ed il controllo della postazione da parte del datore di lavoro. È anche questo un ambito nel quale informazione e formazione assumono grande rilevanza, soprattutto nei confronti dei soggetti in età scolastica per i quali un percorso formativo ed informativo, quantomai auspicabile, non è ancora istituzionalizzato.
La DES è contrassegnata dall’associazione in proporzioni variabili da caso a caso di disturbi visivi, disturbi oculari e disturbi generali. Si tratta di sintomatologia aspecifica, comune anche ad altre condizioni.
La ‘questione’ della luce blu
Le principali fonti naturali ed artificiali dell’emissione luminosa blu sono rappresentate dalla luce solare, illuminazione ambientale a LED, fari dei mezzi di trasporto, illuminazione stradale, lavagna interattiva, fotocopiatrici, schermi di computer, smartphone, tablet, ecc. I potenziali effetti lesivi prospettati in alcuni studi in seguito all’esposizione prolungata a schermi di vario genere riguarderebbero la frazione blu-violetta della luce con lunghezza d’onda più corta (415-455nm). Tali indagini hanno documentato apoptosi dei neurociti e fratture del DNA delle cellule ganglionari in colture cellulari retiniche esposte a luce blu (7). Analizzando le emissioni di luce blu di schermi di vari device è tuttavia emerso che l’entità della loro emissione è più di 10 volte inferiore a quella della fonte naturale di luce blu, il sole (8).
Vista la proliferazione bibliografica in merito, nel 2018 autorevoli ricercatori rivolsero all’American Academy of Ophthalmologist una lettera che confutava motivatamente le rilevazioni di danni retinici associati all’impiego di device, in ragione del fatto che né il materiale colturale impiegato (cellule retiniche immature), né le modalità di esposizione alla fonte di luce blu (durata dell’esposizione, distanza dalla fonte, ecc.) riproducevano ciò che si verifica nella real life (9). Pertanto, pare emergere che se da un lato è assolutamente comprovata la necessità di proteggersi dalla luce solare (e non solo dalla sua frazione blu-violetta), ad oggi non trova riscontro l’affermazione che la luce blu emessa dai device possa danneggiare irreparabilmente il tessuto retinico.
Miopia e device
Come noto, l’insorgenza e la progressione della miopia ha genesi multifattoriale. Tra i fattori favorenti sono compresi la prolungata attività visiva a breve distanza e il tempo trascorso sui device. L’aumento dell’impiego delle tecnologie digitali e dell’e-learning durante la pandemia ha stimolato ulteriormente l’interesse verso tali aspetti. Una metanalisi pubblicata sull’American Journal of Ophthalmlogist nel marzo 2021, pur avendo evidenziato un’associazione positiva tra incidenza di miopia in età evolutiva e attività con device > di 4h/die, ha valutato non sufficientemente forti le conclusioni per la disomogeneità di conduzione degli studi stessi (10). D’altra parte, gli studi sull’impatto di un fattore potenzialmente dannoso per l’età evolutiva possono richiedere molti anni; pare quindi appropriato considerare l’alert proposto dalla letteratura. In questo senso già si sono attivate organizzazioni sanitarie di vari paesi come pure l’OMS che ha fornito indicazioni restrittive sull’impiego di device sotto i 5 anni di età (<1/die).
Conclusioni
L’eccessiva sollecitazione dell’accomodazione può essere utilmente attenuata applicando la regola 20-20-20 già diffusamente pubblicizzata negli Stati Uniti: ogni 20 minuti, spostare lo sguardo a 6 metri (20 ft) per 20 minuti; curare la postura, l’ergonomia dell’ambiente lavorativo mutuando le indicazioni già note e applicate per l’uso professionale dei computer. L’utilizzo dello smartphone per il gaming, la lettura di testi e anche per la visione di film (soprattutto nelle età più giovani) deve essere scoraggiata; le ridotte dimensioni dello schermo obbligano, per queste attività, ad una distanza molto breve con le possibili conseguenze illustrate. In merito al procedimento diagnostico di DES si richiama l’importanza dell’anamnesi mirata, della cicloplegia, dell’esame ortottico delle funzioni visive indicate e lo studio quali quantitativo del film lacrimale. L’epidemia da Covid-19 e i provvedimenti restrittivi adottati hanno portato all’emersione di una nuova categoria di ‘lavoratori’: i soggetti in età evolutiva, per i quali attualmente non è prevista alcun tipo di tutela, come invece già avviene per i videoterminalisti. La rilevanza clinica della DES ed il suo peso epidemiologico non sono ancora del tutto emersi o chiariti. La nostra attenzione va quindi rivolta soprattutto alle nuove generazioni, ai genitori, agli insegnanti con iniziative di informazione e formazione accreditate, volte a distribuire la conoscenza del problema ed a sollecitare comportamenti corretti a tutela della presente e futura salute visiva.
I disturbi visivi correlati alla DES sono rappresentati da visione offuscata, difficoltà accomodativa a distanze diverse, defocus, disturbi oculomotori come esoforie/tropie, fotofobia che derivano principalmente dall’elevata sollecitazione dell’accomodazione, soprattutto nell’impiego di device con schermo di ridotte dimensioni o nelle attività che necessitano una breve/brevissima distanza di lavoro.
Bibliografia
1. A.L.Sheppard, J.S.Wolffshon: Digital eye strain: prevalence, measurement and amelioration. BMJ Ophthalmol.2018 Apr 16;3(1)
2. B.Alabdurkader: Effect of digital device use during COVID-19 on digital eye strain. Clin Exp Optom. 2021 Aug;104(6):698-704
3. JunghansB.M.et alii: Unexpectedly high prevalence of asthenopia in Australian school children identified by the CISS survey tool. BMC Ophthalmol.2020;20:408
4. Lee HS, Park SW, Heo H.: Acute acquired comitant esotropia related to excessive Smartphone use. BMC Ophthalmol. 2016;16:37.
5. Hussaindeen J.R., et alii.: Managing the myopia epidemic and digital eye strain post COVID-19 pandemic – What eye care practitioners need to know and implement? Indian J Ophthal. 2020 Aug; 68(8): 1710–1712.
6. Mohan, et alii: Prevalence and risk factor assessment of digital eye strain among children using online e-learning during the COVID-19 pandemic: Digital eye strainamong kids (DESK study-1). Indian J Ophthalmol. 2021 Jan; 69():140-144
7. Chen P,Lai Z, et alii: Retinal Neuron Is More Sensitive to Blue Light-Induced Damage than Glia Cell Due to DNA Double-Strand Breaks. Cells. 2019 Jan18;8(1).
8. J B O’Hagan, M Khazanova, LL A Price: Low-energy light bulbs, computers, tablets and the blue light hazard Eye (Lond) 2016 Feb; 30(2): 230–233
9. D.T. Gudgel, S. Garg, J.R. Sparrow: No, blue light by your smartphone is not blinding you. Letter to the American Academy of Ophthalmologist. 20.08.2018
10. Wong CW, et alii: Digital Screen Time during COVID-19 Pandemic: Risk for a Further Myopia Boom. Am. J. Ophthalmol 2021 mar;233-333-337